NELLA CHIESA IMPARIAMO A DESIDERARE LA VISTA DELLA FEDE
AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE
Buongiorno “Bartimeo”… E questo il tuo nome oggi, no? Forse non ti sei neanche accorto che è da una vita che la tua relazione matrimoniale è un grigio e infruttuoso “mendicare” come lui uno spicciolo di stima e considerazione. Prova a scrutare il rapporto con il tuo fidanzato, e comincia a contare le volte che ti avvicini a lui allungando le mani per mendicare il suo affetto con le parole, gli sguardi, i compromessi, il detto e non detto, gli ammiccamenti, perfino con i regali e l’aiuto che gli offri, e il tuo corpo che per paura di perderlo non induci a far rispettare. Guarda al rapporto che hai con gli amici e i colleghi di lavoro, alle foto che posti su Facebook e Instagram, istantanee della tua vita messe in vetrina per mendicare un “mi piace” e un commento che inietti una goccia di vita nel tuo cuore assetato d’affetto. Guardiamo anche al nostro modo d’essere preti, ai salti mortali di splendida carità, alle omelie e alle catechesi, e scopriremo quanto siamo abili ad elemosinare il prestigio e il successo pastorale che diano senso al nostro ministero.
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Sì fratelli, facciamo di tutto per ripararci dalla solitudine che, nel Vangelo, appare oggi sotto forma di “cecità”. Un cieco, infatti, è isolato dagli altri perché non li vede ed è obbligato ad entrare in relazione con loro solo attraverso un triste mendicare. Come “Bartimeo”, divenuto cieco come Sansone. Nato da una donna sterile era un “nazireo”, ovvero un consacrato a Dio. Ma, irretito dal demonio, aveva peccato con i suoi occhi lasciandosi sedurre da Dalila, una donna pagana, immagine del mondo ostile a Dio e della vita secondo la carne. Per i rabbini Dalila è, secondo il significato del nome, colei che “indebolisce”, perché gli aveva fatto perdere le tre facoltà fondamentali di un uomo: il corpo, lo spirito e la volontà. Troppo sicuro di sé Sansone non resiste alla concupiscenza, che lo conduce a svelare il segreto della sua forza e “consegnare le perle ai porci”, la primogenitura che lo rendeva illuminato e forte come un “piccolo sole” (è il significato del nome Sansone). Per questo, dopo avergli tagliato i capelli, i pagani lo “accecano”; dicevano i Padri della Chiesa, che il demonio lo aveva accecato sull’amore di Dio e su quello dei fratelli gettandolo nella solitudine.
Se il demonio riesce a offuscare l’evidenza del suo amore inducendoci a dubitare, ci ritroveremo ogni giorno più ciechi, come, secondo i rabbini erano tanti “ebrei ai tempi dell’esilio”, quando, volendosi costruire un futuro a Babilonia increduli alle parole dei profeti, “la malta cadde nei loro occhi e furono accecati” (Bamidbar Raba 7,1). Ormai esiliati e lontani da Gerusalemme, cioè dalla volontà di Dio, ci illudiamo di costruire la nostra storia senza accorgerci che quella che stiamo guardando non è più la vita reale pensata da Dio, perché gli eventi e le persone saranno avvolti nella menzogna: la moglie sarà solo un’isterica, il marito un egoista inguaribile, i genitori dei fossili lontani anni luce dai problemi dei figli, i figli dei capricciosi imbelli, gli amici approfittatori, i colleghi subdoli nemici, e tutto sembrerà coalizzarsi contro di noi. Questo modo di vedere la storia è proprio la cecità! Come Sansone, ci ritroviamo in mezzo ai pagani, costretti a far girare una macina, obbligati cioè a mendicare un frammento di affetto girando intorno a noi stessi e ai nostri desideri, per cercare di non morire. E’ così vero? Non riesci a liberarti da quella relazione morbosa perché non vedi l’amore di Dio nella tua vita e ti accontenti di un suo rancido surrogato. Sì fratelli, come Sansone abbiamo perduto la forza per vivere liberi e non soccombere dinanzi al mondo e alle sue lusinghe perché abbiamo perduto la nostra unica ricchezza, Cristo, dimenticandolo senza accorgercene.
Ma coraggio, Gesù sta “passando” oggi “insieme ai discepoli” proprio accanto a te. Non ti giudicare, ascolta! Spera la salvezza, anche se come Bartimeo te ne stai prostrato nell’accidia della routine senza sperare nulla. Non devi fare chissà che cosa, come Bartimeo che si trovava in quel momento in quel posto che era la sua realtà di indigenza. E’ Gesù che fa tutto, che “passa” oggi proprio dove tu sei schiacciato su te stesso. E’ Gesù che attraverso la predicazione della Chiesa che cammina con Lui ti illumina sulla tua realtà bisognosa di “pietà”, ti fa “sentire” che è accanto a te per salvarti, e depone in te quell’embrione di fede nel quale puoi “gridare” a Lui. La fede, infatti, viene dalla predicazione, e per questo nel “grido” di Bartimeo appare già “la fede che lo salva”. In quel momento ha riaperto gli occhi del cuore perché al passaggio di Gesù, la stessa storia sulla quale si erano chiusi ridiviene luminosa di speranza. Proprio come recita il salmo 64: “Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri peccati. Beato chi hai scelto e chiamato vicino, abiterà nei tuoi atrii. Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.
Coroni l’anno con i tuoi benefici, al tuo passaggio stilla l’abbondanza”. E proprio attraverso la storia Dio aveva “preparato” la “terra” di Bartimeo umiliandolo perché sapesse accogliere la “visita” di Gesù. Capisci? Questo “anno”, ovvero la nostra vita sino ad oggi, è stato “coronato dai benefici” del Signore! Tutti gli avvenimenti che ci sono accaduti erano “benefici” di Dio che hanno “preparato” misteriosamente il miracolo della vista. Ciò significa che anche il tempo che ci sembra scorrere inutile e grigio, senza “vedere” nulla è il seno fecondo che prepara l’incontro con il Signore. Cristo, infatti, al suo “passaggio” fa “stillare l’abbondanza” che tutti desideriamo e mendichiamo dalla carne, perché ci convertiamo. E convertirsi significa smettere di rivolgerci agli uomini e volgerci a Lui per “mendicare” la sua “pietà”. Lasciamoci trafiggere il cuore e gridiamo “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me”. Proprio questo grido che nasce da un cuore contrito e umiliato è la voce della fede accolta nella predicazione capace di “fermare” il Signore perché ci “chiami” a “passare” con Lui nel Mistero Pasquale. Per giungere all’incontro decisivo con il Signore dobbiamo imparare da Sansone che non disperò di riacquistare la sua forza, e “gridare” più forte di quanti vorrebbero far tacere l’embrione della fede.
Che hai da fare di più importante? “Grida”, lo puoi fare, perché Gesù ti attira a sé “chiamandoti” attraverso gli Apostoli. Se lo ascolti potrai “alzarti” in virtù del potere della sua Parola, ovvero “risuscitarti” per giungere dinanzi a Lui e consegnargli la tua cecità. Coraggio allora, “balza in piedi” come chi ha saputo di aver vinto alla lotteria, “getta via il mantello” della superbia e corri da Lui che ti sta aspettando per farti la domanda che ogni uomo spera di sentirsi rivolgere: “Che vuoi che io ti faccia?”. E certo, saprai come rispondere, perché “la tua fede” accolta nella predicazione, ti avrà già “salvato” dalla menzogna del demonio: avrai compreso che il problema non era fuori di te, perché la tua sofferenza non dipendeva dal fatto che gli altri non ti amavano e consideravano, che tua moglie o tuo fratello non ti “vedevano”. Eri tu che non “vedevi” più chi ti era accanto perché, ingannato dal demonio, avevi smesso di “vedere” Cristo e il suo amore. Per questo potrai rispondere al Maestro che vuoi “riavere” la possibilità di “vedere” Lui e il suo amore per te, che vuoi sperimentare il suo perdono e ricevere il dono della vita nuova. Allora “riacquisterai la vista” della fede sui fratelli e potrai “vedere” le sue orme nella storia e, con la forza dello Spirito Santo che Dio diede nuovamente a Sansone, “seguirlo” nel suo cammino verso Gerusalemme, dove compiere sulla Croce con Lui la tua consacrazione, per far giustizia dei Filistei, immagine dei demoni nemici di ogni uomo che ci è accanto.