Commento a Lettera ai Gàlati 4, 8-11

1928

Al ver.8 Paolo ci ricorda che il dono della fede è liberazione dalla sommissione a “divinità” che in realtà non sono divinità”, che cioè non sono e non hanno niente di Dio! Questa liberazione è avvenuta con il dono della conoscenza di Dio!

Qui egli precisa che tale nostra conoscenza di Dio è frutto e conseguenza dell’essere stati noi “conosciuti da Lui”, per la mirabile iniziativa della sua venuta a noi per la nostra salvezza (ver.9)!

Ora i Galati sono esposti al pericolo di un loro “rivolgersi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi” di cui sono stati schiavi!

Perché questo avviene? Perché siamo esposti al pericolo di voler essere noi i costruttori e realizzatori della nostra salvezza!

Ma la salvezza non può essere che dono di Dio! Grazia!

Siamo davanti al pericolo di quell’eresia che Papa Francesco cita ampiamente nella sua recente “Esortazione” sulla vocazione di tutti alla santità: il Pelagianesimo! Un antico male nella storia della Chiesa, che tende a ripresentarsi sempre nel corso della storia, e che pretende di affermare l’essere noi possessori delle verità e dei comportamenti che salvano. Se così fosse, saremmo noi i salvatori di noi stessi!

Il ver.10 vuole sottolineare il pericolo di voler noi realizzare la nostra salvezza con l’osservanza “religiosa” di “giorni, mesi, stagioni e anni”!

Il Signore li ha liberati attraverso la faticosa opera apostolica di Paolo. Che non sia stata fatica invano! (ver.11).

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

Leggi qui il brano.

A cura di don Giovanni Nicolini