don Paolo Squizzato – Commento al Vangelo del 9 Maggio 2021

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«Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (v.11).
Gioia è la parola più “alta” del nostro vocabolario esistenziale. Più alta forse della parola amore (si può infatti amare senza gioia) e certamente del termine ‘piacere’.

Ma cos’è gioia? Il risultato d’una relazione? In questo caso la gioia cesserebbe con la rottura della relazione.
Conseguenza dalla fruizione di un bene? Fosse così la gioia cesserebbe con la scomparsa dell’oggetto goduto.
Il cuore ci suggerisce che dev’esserci una gioia ‘gratuita’, ossia slegata da possessi e fruizioni, prestazioni e conquiste. Deve esistere una gioia capace di reggere anche qualora crollasse il mondo intero e un amore finisse.

È ciò che san Francesco chiama ‘perfetta letizia’, e ha come fondamento il cuore, e deriva dalla partecipazione a qualcosa di molto profondo che già abita in noi. La si chiami sorgente interiore, corrente sotterranea, fuoco, luce, Dio, Gioia appunto. Per cui la nostra gioia è questione di ‘partecipazione’ e quindi di trasformazione.

Gesù pare suggerirci che partecipando a ‘Ciò’, dentro di noi, se ‘stiamo’ abitualmente in questo centro incandescente che ci portiamo dentro, partecipiamo di questa Gioia, veniamo trasformati nella Gioia medesima. Ma soprattutto ci ricorda che nessuna situazione, nessuna persona, nessun evento potrà mai toglierci, separarci da questa unione-gioia in quanto divenuta cifra della nostra vita: «nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» (Gv 16, 23).

La gioia perfetta, assoluta in quanto sciolta da prestazioni e legàmi, non risiederà perciò nella positività della vita. Non deriva dal costatare che le cose vanno bene, dall’assenza di prove, malattie, sofferenze, ma dalla negatività ‘assunta’, abbracciata da questa vita ormai trasformata. È questione di integrazione delle proprie ombre e al contempo di disidentificazione con esse: io non sono tutto ciò. Il mio centro, il mio vero Sé – Dio/sorgente interiore/fuoco/ecc. – rimane una fortezza inattaccabile e inaccessibile. Per questo posso permettermi di essere nella pace e nella gioia.

Paolo qualcosa del genere l’aveva intuito quando scrive ai cristiani di Roma: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 37Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. 38Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, 39né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8, 35.37-39).


AUTORE: don Paolo SquizzatoFONTECANALE YOUTUBE