Commento al Vangelo del 2 Maggio 2021 – don Giovanni Berti (don Gioba)

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Come una musica in testa

“Sarà capitato anche a voi di avere una musica in testa…” Iniziava così la canzone “Zum Zum Zum”, sigla di “Canzonissima” del 1968.

E devo dire che spesso capita anche a me fin dal mattino di avere per tutto il giorno martellante per la testa il ritornello di qualche canzone. Nasce spesso da qualcosa che ho visto e che mi ha fatto pensare, e che trova in una canzone una specie di “assonanza”.

Quando ho letto il passaggio del Vangelo di questa domenica nel quale Gesù dice “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi…” mi sono chiesto: quanto le parole di Gesù sono dentro di me, nella mia testa e nelle mie azioni? Oppure sono altre parole e altri insegnamenti che non centrano con il Vangelo a trovare spazio dentro di me e a guidarmi come cristiano?

Quanto è forte e vero il legame tra me e Cristo? E come posso verificare se non è solo un legame superficiale e di facciata, dettato dalla tradizione e solo dal contesto sociale?

L’immagine che Gesù usa nel Vangelo, quello della vite e dei tralci, è davvero efficace per comprendere il legame tra me e Gesù, tra tutti i cristiani e Cristo stesso.

Quando visito un vigneto posso vedere la punta di un tralcio e magari un bel grappolo d’uva che pende, pronto per essere raccolto. Non sempre è immediato capire da quale vite parte quel tralcio che si allunga nei filari e i grappoli appesi, ma se non è secco e se il frutto c’è, allora significa che la linfa scorre e il legame con la base della pianta è solido e sano. E so che se il contadino che cura la vigna è bravo e attento, farà in modo che ogni singola vite e tutti i tralci che partono da essa siano sani e fruttuosi.

Gesù si rivela come la vite, quindi come parte iniziale della pianta che si prolunga e fa frutto nei tralci, cioè in coloro che lo seguono e lasciano scorrere in loro le sue parole e il suo esempio. Gesù rimane e vive dentro la vita dei suoi amici. Gesù continua a vivere e a portare frutto, lungo i “filari” del tempo e del mondo, nella vita e nei frutti dei suoi discepoli che rimangono legati a lui. E Dio Padre, come buon agricoltore, farà di tutto perché questo legame non si spezzi l’umanità muoia senza amore.

Se la mia vita comincia a seccarsi nel cuore e non riesce a dare più frutti di amore, questo significa che se anche mi definisco cristiano, in realtà qualcosa si è spezzato nel legame con Cristo, e la sua vita non scorre più dentro la mia, le sue parole non scorrono nella mia mente e nel mio cuore e non danno frutto.

Questo può succedere in me, singolo cristiano, ma anche nella comunità e nella Chiesa. Quanti “tralci secchi” senza frutti buoni ci sono lungo la storia della Chiesa e anche quella umana! Quanti tagli e potature abbiamo capito di dover fare per poter far si che il frutto buono del Vangelo arrivasse anche oggi e non venisse meno nell’umanità. La Buona notizia è che la vite è sempre Cristo, che è piantato dentro il terreno della storia, quindi la pianta dell’Amore di Dio è buona e sana. Ma è anche un invito a non spezzare da parte nostra quel legame, ma al contrario a rimanere nel suo amore e far scorrere le sue parole in noi.

Abbiamo quindi bisogno di ascoltare e riascoltare le parole del Vangelo. Come cristiani abbiamo il bisogno (non dico dovere… per non rischiare di farne un discorso moralistico) di conoscere e meditare il Vangelo, attraverso la lettura, la preghiera la celebrazione comunitaria. E abbiamo il bisogno di tradurlo in vita, in scelte piccole e grandi che fan si che quelle parole e quella presenza ci riportino alla sua origine, il Cristo vivente.

Quante volte le parole del Vangelo ci girano in testa come una canzone?


Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)