È una delle figure femminili più straordinarie dell’Ottocento. Discendente del ministro francese Jean Baptiste Colbert, crebbe nella rivoluzione francese; la nonna e altri parenti furono ghigliottinati. Personalità molto dotata per natura, ebbe molte opportunità di studi e di viaggi, a differenza delle donne dell’epoca. Fu anche scrittrice e pittrice di talento. Damigella d’onore alla corte di Napoleone, qui conobbe il marchese italiano Carlo Tancredi Falletti di Barolo che divenne suo marito. Venuta in Italia, Juliette accolse in pieno la cultura italiana e italianizzò anche il suo nome in Giulia. I coniugi non ebbero figli e, molto religiosi, decisero di dedicarsi ai poveri di Torino dove abitavano. La loro famiglia era “una famiglia aperta”, in anticipo sui tempi. Non solo tenevano salotti letterari ma la loro casa era aperta anche ai bisognosi. Silvio Pellico, uscito dalle carceri dello Spielberg, venne assunto dai Barolo come bibliotecario per dargli un aiuto. Giulia si dedicò in modo particolare al recupero delle donne in carcere a Torino. Si adoperò presso le autorità per una riforma carceraria che aveva discusso con le carcerate stesse. Diede loro una istruzione civile e religiosa, e lavori di cucito, maglieria, in modo che avessero qualche soldo all’uscita dal carcere. Morto il marito, trasformò il piano nobile del palazzo in laboratorio per le ragazze povere e vi costruì un ammezzato per il loro dormitorio. Fondò asili, case di accoglienza, chiese, un istituto religioso per l’assistenza ai poveri. Per queste opere profuse tutte le sue ricchezze e quelle del marito che l’aveva lasciata erede universale. A Torino esiste ancora la Fondazione Barolo che sostiene le opere iniziate dai due coniugi.
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