Presentazione del film Katyn di E. Wajda a cura di p. Giancarlo Paris.
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Fonte: Radio Voce Brescia
Il 17 settembre 1939 la Polonia viene invasa. Da ovest dalle truppe di Hitler e da est dall’Armata Rossa. 18.000 ufficiali dell’esercito, 230.000 soldati e 12.000 ufficiali di polizia vengono arrestati dai russi. Tutti i graduati vengono portati in campi di concentramento e nella primavera del 1940, su espresso ordine di Stalin, 15.000 di loro vengono uccisi con un colpo alla nuca e seppelliti in fosse comuni nella foresta vicino a Katyn. I tedeschi scopriranno le fosse nell’aprile del 1943 ma i russi scaricheranno su di loro la colpa del massacro. Solo nel 1990 per la prima volta ammetteranno la responsabilità.
Wajda, che a Katyn perse il padre, racconta la vicenda attraverso la storia di Anna, la moglie di un capitano di Cavalleria che, pur non volendo accettarle, si troverà di fronte alle prove dell’esecuzione del marito così come accadrà ad altre donne. Al termine del conflitto, con la Polonia sotto l’influenza sovietica, una cortina di silenzio verrà fatta calare sull’accaduto e chi cercherà di sollevarla rischierà il carcere.
Wajda, come è sua abitudine, fa del rigore la propria cifra narrativa anche se, in questa occasione, lo stile non risulta essere del tutto personale quasi che si dovesse dare ascolto (così come accadde lo scorso anno per i Taviani de La masseria delle allodolealle esigenze della sala unite a quelle della produzione televisiva. Questo però non gli impedisce di far riemergere un passato che molti ad Est avrebbero preferito vedere sepolto per sempre e di lasciare l’impronta del Maestro nella sequenza finale in cui la macchina della Morte (che siamo cinematograficamente abituati a vedere agita da divise germaniche) entra in azione con spietata quanto determinata ferocia. È lì che lo spettatore abituato a caterve di uccisioni di ogni tipo non può non provare un sussulto che non vuole approfittare della commozione quanto piuttosto divenire memento e monito.
Quando il cinema riesce a produrre memoria assolve a uno dei suoi compiti principali. Con Wajda, ancora una volta, accade. (via MyMovies)
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