Quaranta giorni dopo la Resurrezione, Gesù è di nuovo con i suoi discepoli, gli uomini e le donne che lo avevano seguito negli ultimi tre anni, i suoi amici intimi. Lasciano Gerusalemme per raggiungere Betania. Attraversano le strade e le piazze della città e si dirigono verso il monte degli Ulivi. A un certo momento Gesù appare, gli si fanno attorno per ricevere da Lui l’ultimo mandato: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». Li guarda e, mentre sale in cielo, li benedice.
Pieni di gioia, ritornano alla città santa e da lì cominciano a diffondere la buona novella a tutto il mondo.
Ma, dunque, come è possibile che uomini e donne terrorizzati, senza grandi qualità, si lancino verso una tale avventura? Come è possibile che ritornino a Gerusalemme pieni di gioia, se Gesù li ha appena lasciati? Sarebbe stato logico che fossero ancora più sconcertati e tristi; il mondo in cui vivevano non è certamente cambiato, Gesù se ne è andato definitivamente e, per di più, li ha incaricati di una missione irrealizzabile. Devono essere testimoni dell’amore di Dio per gli uomini, testimoni della sua passione, morte e resurrezione, cominciando proprio da Gerusalemme, la città che lo ha condannato a morte, il luogo del fallimento. Sino ai confini del mondo, di questo mondo così lontano da Dio.
Malgrado tutto, questa condizione non li riempie di sconcerto né di tristezza. Al contrario. Per quale motivo, per loro essere discepoli di Cristo li riempie di orgoglio? Per quale motivo, questo incarico non gli pare pesante? Perchè Gesù è il loro intimo amico, perchè sanno che Lui sta con loro e che Lui è fedele alla sua promessa. Hanno imparato afidarsi di Lui. Non pongono la loro fiducia su sé stessi, né sulle loro forze, né sulle loro capacità.
L’Ascensione del Signore non è un “addio”, un “arrivederci”, ma piuttosto, per paradosso, un “rimango”. Loro si fidano della promessa di Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Non hanno alcun dubbio della sua presenza in loro e, in maniera particolare, nella Eucarestia. Sanno di non essere granchè, conoscono bene le loro miserie, le debolezze, la mancanza di talento e di capacità. Però sanno che Cristo è resuscitato, che il suo Amore è potente: hanno imparato che è Dio che fa crescere.
Proprio da ciò nasce la loro gioia e il loro entusiasmo. Una gioia che diventa apertura a ventaglio per portare l’Amore sino all’ultimo angolo del mondo. I discepoli del Signore erano uomini e donne ai quali Dio ha affidato tutti gli uomini, con un incarico che li riempì di una gioia sempre più grande. La loro vita è stata di sofferenze e difficoltà, ma hanno vissuto nella gioia del Signore. Nel loro volto riflettevano la gloria del Signore: lo splendore di uno sguardo innamorato.
Così come i discepoli che stavano con il Signore il giorno dell’Ascensione, Gesù ogni giorno ci riunisce nel suo cuore. Siamo dentro le sue mani protettrici, nella immensità del suo Amore e vuole servirsi di ciascuno per dare al mondo quella gioia vera che gli manca. Vuole che diventiamo testimoni di ciò che abbiamo visto e udito, delle sue piaghe, del suo Amore, del fatto che in Lui nulla va perduto: lavoro, riposo, famiglia, amici, passato, presente, futuro, in Lui tutto acquista eternità. Inoltre, ci ha scelti e ci ha affidato tutti gli uomini: i nostri genitori, fratelli, familiari, amici, colleghi, l’intera umanità.
L’apostolato è una logica conseguenza della gioia di stare con Gesù. Come insegna san Josemaría, «l’apostolato è amor di Dio che trabocca nel dono di se stessi agli altri. La vita interiore porta a crescere nell’unione con Cristo per mezzo del Pane e della Parola; e la sollecitudine apostolica è la manifestazione esatta, adeguata, necessaria, della vita interiore. Quando si assapora l’amore di Dio, si sente il peso delle anime»[1].
Hanno bisogno di noi, della nostra gioia, per trovare, così, Gesù nella loro vita. Proprio nelle nostre occupazioni ordinarie, nel nostro sguardo limpido, nelle nostre conversazioni piene di comprensione, nel nostro impegno di servire, comprendere, animare e perdonare, Gesù risorto si fa presente colmando ogni cosa con la sua gioia. Questo mondo, non tanto diverso da quello di quegli uomini e quelle donne che seguivano il Signore, ha bisogno di cristiani che hanno nel loro volto lo splendore di un Dio innamorato.
Luis Cruz
[1] San Josemaría, “L’Ascensione del Signore in cielo”, È Gesù che passa, n.122.
Fonte: La pagina Facebook di “Opus Dei Italia” | Sito Web con tutti i commenti al Vangelo
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