don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 22 Aprile 2021

908

ATTIRATI DA UN PIACERE PIU’ GRANDE


AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE

Nella nostra vita, ieri ad esempio, abbiamo davvero “udito” la voce del Padre? Abbiamo percepito, nel fondo del nostro intimo, quel moto dello Spirito che ci conduce a Cristo? Il Padre, infatti, ci parla attraverso il suo respiro, lo Spirito Santo che grida in noi “Abbà, Papà!”. E’ lo Spirito che ci fa uno con Cristo, spingendoci in ogni circostanza verso di Lui. Chi è mosso dallo Spirito di Dio impara da Lui ad appartenere a Cristo, a volere le cose che vuole Lui, a compiere la volontà del Padre. Chi ha “udito il Padre” ha imparato che la Croce non è un supplizio, ma il luogo dove “tutti sono ammaestrati da Dio”, il polo magnetico attraverso il quale il Padre “attira” verso Cristo ogni uomo. E’ inutile sforzarsi di “andare” verso Gesù, perché solo attraverso la Croce si può essere suoi discepoli. Ciò significa concretamente che occorre lasciarsi “attirare” da Dio negli eventi e nelle relazioni che ci crocifiggono, come l’ape dal miele.

- Pubblicità -

E’ naturalmente impossibile, perché tutti rifiutiamo la sofferenza e cerchiamo di evitarla; per questo è necessario convertirsi e lasciarsi inondare dallo Spirito Santo che ci annuncia le Parole del Padre. Esso ci sostiene, ci consola, ci incoraggia ad entrare nel rapporto difficile dal quale vorremmo scappare, perché lo Spirito Santo dà testimonianza al nostro spirito che siamo figli di Dio; e un padre non dà mai cose cattive ai suoi figli. “Ascoltare Dio” e “imparare da Lui” significa sperimentare proprio questo, la tenerezza e la misericordia, la provvidenza e l’eredità magnifica che il Padre ha preparato per noi. Non lo sai? Il Padre ci “attira” a Lui attraverso un piacere più grande di quelli del mondo, con cui ci illudiamo di sfuggire alla sofferenza, o di attutirla. Ci “attira” con un piacere alto, che punta diritto all’eternità, che per l’uomo è impossibile da raggiungere e ottenere, e per questo è donato dal Cielo. Imparare dal Padre significa allora essere attirati dal desiderio di Cristo, e Cristo crocifisso, l’ascensore che unisce terra e Cielo, appunto. Dio, infatti, ci attira nella “logica della Croce, che non e’ prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore e del dono di sé che porta vita” (Papa Francesco). Ogni nostro desiderio, anche quello tradotto in concupiscenza della carne con cui rifiutiamo la “logica della Croce” e del sacrificio, esprime il desiderio latente dell’unico piacere che può saziare, quello che non uccide ma dona la vita: “Quello che l’uomo cerca nel piacere è un infinito, e nessuno rinuncerebbe mai alla speranza di raggiungere questo infinito” (Cesare Pavese).

Ma il demonio ci inganna sovente, illudendoci con un infinito che è pura alienazione che conduce alla morte, perché l’inferno comincia qui ed e’ l’assenza del desiderio autentico. Scriveva Sant’Agostino: “Se il poeta ha potuto dire [cita Virgilio, Ecl. 2 ]: “Ciascuno e’ attratto dal suo piacere”, non dalla necessità ma dal piacere, non dalla costrizione ma dal diletto; a maggior ragione possiamo dire che si sente attratto da Cristo l’uomo che trova il suo diletto nella verità, nella beatitudine, nella giustizia, nella vita eterna, in tutto ciò, insomma, che è Cristo”. Solo Lui ha “visto il Padre” e lo mostra a noi, perché possiamo “credere”. Ciò significa che ciascuno di noi è avvolto dall’amore che unisce Padre e Figlio: il Padre ci attira verso il Figlio, mentre il Figlio ci rivela il volto misericordioso del Padre. Lasciamoci oggi “ammaestrare da Dio” attraverso la storia; anche le sofferenze, le delusioni, i fallimenti, gli stessi peccati ci ammaestrano e ci fanno umili sino a consegnarci tra le braccia del Padre, crocifisse e accoglienti in quelle del suo Figlio: “L’amore è “estasi”, ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio” (Benedetto XVI, Deus caritas est). E ciò accade nella storia dove è deposta la nostra carne, e giunge a noi attraverso la Chiesa, la Parola e i sacramenti, dove spira fecondo lo Spirito Santo. In esso possiamo vivere ogni desiderio e ogni piacere come un dono celeste, perché nulla e’ contro l’uomo quando è vissuto in Cristo.

E’ Lui il piacere compiuto, e per questo si è fatto carne da mangiare, per saziare la fame di bello, santo e buono che sentiamo, anche se sepolta dal brutto, dal peccato e dal male. In Cristo la carne è redenta, e la sessualità risplende di una luce meravigliosa; attirati dall’amore del Padre e consegnati a Cristo, possiamo sperimentare la bellezza, la pace e la sazietà della nostra carne trasfigurata, fatta essa stessa pane consegnato per la vita di chi ci è accanto. Ogni relazione, lavoro, studio, svago, è il dono del Pane della vita, il mistero di un amore che non esige e non si appropria di nulla, vissuto come in una liturgia celeste celebrata nella carne. Non a caso sul talamo nuziale veniva posto lo stesso baldacchino che sormontava gli altari, immagine della Shekinà divina, la presenza di Dio che dal Cielo discende sulle specie eucaristiche come sugli sposi; il letto coniugale infatti e’ un altare dove si consuma lo stesso mistero di vita che si compie sulla mensa eucaristica: il pane di vita che discende dal cielo e dona la vita. Ma vi è un baldacchino invisibile sopra ogni ufficio, su ogni aula scolastica, su ogni cinema e ristorante, su ogni campo sportivo e su ogni bosco, sulla tua stanza e sulla tua lavatrice. Ovunque e in ogni istante, perché in tutto Dio desta in noi il desiderio del suo Figlio, di “mangiare il pane vivo disceso dal Cielo”.

E’ pane vivo tua moglie, tuo marito, tuo figlio, anche il nemico; non sono la morte, questa è una menzogna del demonio! E’ pane vivo ogni difficoltà, la croce che ci attende, perché è Cristo vivo nella volontà di Dio fatta carne. Solo “mangiandone avremo la vita eterna”, saremo felici e realizzati. Uniti a Lui “vivremo eternamente”, iniziando già da oggi, da ora. Con Cristo quello che stai facendo, pensando, le parole che stai dicendo sono già parte dell’eternità, e recano in sé il gusto dell’infinito, non possono svanire e corrompersi. Perché in Cristo ogni istante e ogni relazione diviene “pane che scende dal Cielo”, proprio nella sua carne unita alla nostra. Mamma mia! Questa carne che abbiamo obbligato a peccare può divenire lo scrigno da dove tirar fuori e donare i tesori del Cielo “al mondo”! Così come ha fatto Cristo sulla Croce, quando ha offerto “la sua carne come pane per la vita” di ciascuno di noi. Che meraviglia fratelli essere “attirati” dal Padre per vivere in Cristo! Com’è che si dice oggi? “Non ha prezzo”…