Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
Nei discorsi riportati negli Atti degli Apostoli si possono scorgere gli schemi della prima predicazione su Gesù dopo la Pasqua. Al centro sta la testimonianza della sua morte e della risurrezione. Nel discorso a Gerusalemme Pietro pone in luce il contrasto tra l’agire degli uomini, di rifiuto e rinnegamento nell’uccidere Gesù e l’azione potente del Dio di Abramo e dei padri che non lo ha lasciato nell’oscurità della morte ma lo ha ‘rialzato’. A Lui l’Abbà, Gesù ha affidato tutta la sua vita rivolgendosi consegnandosi nel momento della morte (Lc 23,46). E il Padre lo ha risuscitato dai morti. Con il suo intervento di potenza e di vita il Padre ha portato a compimento – dice Pietro – ‘ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, che cioè il Cristo sarebbe morto’. La sofferenza, la passione e la morte di Cristo sono così viste come adempimento di quel farsi vicino di Dio all’umanità per vie ‘che non sono le vostre vie’. E pone l’esigenza di un cambiamento, di una trasformazione della vita accogliendo il Santo e il Giusto e seguendo le tracce del suo cammino.
Di questo anche parlano i racconti delle apparizioni di Gesù. Queste pagine possono essere lette come tentativo di comunicare quell’indicibile esperienza di incontro in modo nuovo con il crocifisso dopo la sua morte. E sono anche indicazioni su come possiamo incontrarlo nella nostra vita.
Luca presenta un incontro con il Risorto a Gerusalemme, là dove tutto era iniziato e dove ora gli undici insieme ad altri, sono provocati ad aprirsi ad un modo nuovo di incontrare Gesù. La prima preoccupazione sta nell’affermare che il Risorto è il medesimo Gesù visto sulla croce e che la sua presenza è viva e reale. Gesù è veramente risorto.
Luca intende contrastare interpretazioni puramente spiritualistiche, presenti probabilmente all’interno della sua comunità di persone provenienti dalla cultura greca, di chi disprezzava la corporeità e pensava la risurrezione solamente come immortalità dell’anima. L’esperienza dell’incontro con il risorto conduce a scoprire che Gesù non è un fantasma.
Nel racconto Gesù invita a toccarlo e guardarlo, ad incontrarlo in una vita che comprende tutte le dimensioni della sua persona. ‘Sono proprio io’. Il risorto è colui che riporta in una condizione nuova anche tutto ciò che attiene alla corporeità dell’esistenza umana. In contrasto con una religiosità tutta centrata nel ‘salvare l’anima’ Gesù propone ai suoi di assumere il movimento che ha segnato tutta la sua vita, di entrare nella logica dell’incarnazione, di far continuare quella forza di trasformazione della realtà che Lui ha testimoniato nei suoi gesti di cura, di tenerezza iniziando una storia diversa segnata dall’amore che rinnova e trasforma.
Chiede di mangiare con i suoi e torna a tavola: richiama i tanti gesti di condivisione e di accoglienza degli esclusi vissuti nel suo cammino terreno nelle tavole delle case attorno alle quali radunava marginali e irregolari. In questo gesto sta il significato della condivisione e del suo stare in mezzo alla sua comunità ora in modo nuovo, che richiede uno sguardo rinnovato, e rinvia ad incontrarlo nella storia e nella vita laddove si attua la condivisione.
Gesù in mezzo ai suoi offre loro anche un’importante indicazione sui luoghi in cui ritrovare la sua presenza di Risorto. Apre infatti loro la mente all’intelligenza delle Scritture: invita a ritornare alle Scritture e scoprire il disegno di fedeltà di Dio nella storia: quello è un luogo in cui incontrare il Risorto. Il mangiare insieme e la condivisione concreta del pane della vita è ancora luogo d’incontro.
Ed ancora l’essere radunati dal suo saluto: ‘Pace a voi’. Il dono del risorto e il saluto della pasqua è il saluto della pace. E’ questo l’orizzonte entro il quale poter vivere oggi l’esperienza del Risorto che ci fa suoi testimoni.
Alessandro Cortesi op