Il risorto ha in sé le stigmate della croce
L’episodio di Tommaso, l’apostolo che da incredulo diventa credente dopo aver toccato con mano le ferite del risorto, è tra gli episodi più amati, dall’arte e dalla gente, come non avere di fronte ai nostri occhi lo stupendo quadro del Caravaggio, che ci ha fatto vedere meglio e di più quell’episodio?!
È amato perché tutti capiamo i dubbi di Tommaso, tutti simpatizziamo con la sua umanità. Il cristianesimo è diventato una grande religione popolare, è entrato dentro la vita delle persone ordinarie e delle masse, anche per l’umanità dei suoi co-protagonisti: i tradimenti e i pentimenti di Pietro, la conversione del persecutore Saulo nell’apostolo Paolo, i dubbi di Tommaso che per credere vuole toccare. E forse tanti, forse tutti, abbiamo invidiato Tommaso che grazie ai suoi dubbi ricevette il dono di una epifania personale di Gesù; almeno una volta forse ogni credente avrebbe voluto un’apparizione di Dio a confermare la sua poca e fragile fede.
E se il Vangelo ha voluto custodire questo episodio, non semplice da narrare (Tommaso si trova in una situazione scomoda), è perché ha riconosciuto legittimi i dubbi di fede come quelli di Tommaso. Si può giungere alla fede, o ritrovarla, anche attraverso la via di Tommaso. Si può arrivare alla fede anche usando le mani: il tatto è un buon senso della fede.
In realtà, questo episodio contiene elementi essenziali per comprendere alcune dimensioni che si nascondono nel cuore del mistero cristiano. Innanzitutto, Gesù appare agli apostoli con un corpo risorto che conserva le ferite della passione. Il Gesù che è risorto è il crocifisso, è l’uomo del Golgota. Non un altro.
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