Dopo aver ascoltato attentamente la proclamazione della Passione di nostro Signore Gesù, che la liturgia oggi ci propone accanto a quello dell’entrata festosa di Gesù in Gerusalemme, è bene conservare un sano silenzio che è l’essenza del cuore, affinché si abbia un sano respiro che è la chiave per fare ritorno al nostro cuore, al nostro Io. Ciò ci permetterà di apprezzare questi momenti di meditazione e comprenderne il valore all’interno di alcune riflessioni. A questo proposito, considerata l’ampiezza di questo racconto, vogliamo evitare di farne un commento puntuale, così ci limiteremo a uno sguardo d’insieme che evidenzi il Vangelo contenuto nella narrazione della passione.
In primo luogo sui suoi avversari che lo schernivano mentre assistevano alla crocifissione, con una sorta di curiosità, ma senza comprendere chi veramente è Gesù: «salva te stesso scendendo dalla croce!… Ha salvato altri e non può salvare se stesso!»; è come dire: dov’è finito il potere di Gesù, l’autorità con cui egli liberava dalla malattia e dalla morte quanti ne erano afflitti? Dov’è finita la grazia divina profetica con cui egli rivelava ormai presente il Regno di Dio? Perché nella passione Gesù si è costretto al silenzio e si è lasciato umiliare senza proferire parola? Dov’è quell’autorevolezza riconosciutagli sempre da chi lo definiva Maestro, lo eleggeva Profeta, lo implorava come Messia e Salvatore? Dov’era Dio durante la passione del Figlio Gesù? Quel Padre che sembrava essergli così prossimo e che Gesù chiamava confidenzialmente “Abba”; quel Padre che lo aveva dichiarato “Figlio amato” al battesimo del Battista e alla trasfigurazione sul monte Tabor; quel Padre per il quale Gesù aveva consegnato tutta la propria vita; dov’era questo Padre? Non dimentichiamolo: Gesù è veramente morto come un impostore, nel disonore, appeso tra cielo e terra perché rigettato dai suoi…
È molto difficile rispondere a queste domande. Si può far notare che Gesù ha percorso questa via crucis, pregando il Padre affinché lo sorreggesse in quel momento tenebroso, invocandolo con forti grida e lacrime: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?». In questa Via Dolorosa, però, Gesù ha sempre combattuto per abbandonarsi nel Padre cercando di compiere la Sua volontà, non la propria.
Sì, il Figlio di Dio ha vissuto la passione mantenendo la Sua piena fiducia nel Padre, ha continuato a credere che il Padre non lo avrebbe abbandonato, rimando con Lui, sempre, malgrado le apparenze di segno opposto e l’evidente fallimento umano della Sua vita e della Sua missione terrena.
Sotto tutti questi aspetti, l’evangelista Marco ci avverte: se il credente sapesse accettare la “miseria” del Cristo Uomo e il paradosso della croce, solo allora potrà scoprire il Figlio di Dio. E ancora: se il credente sapesse conoscere la solitudine di Gesù e il suo silenzio sofferente, solo allora riuscirà a vederne il vero volto luminoso, ben sapendo che è la via stretta che ha alla fine la porta spalancata del Regno dei cieli; è la fedeltà nella giustizia e nella povertà che ci avvia all’alba del nuovo giorno.
Ora, l’evangelista Marco, con il suo verismo, con il suo linguaggio asciutto e senza ulteriori commenti, mette in primo piano quanto seriamente Dio prenda su di sé il destino che le Sue creature hanno tracciato allontanandosi da Lui; però evidenzia in maniera particolare che sul Calvario – innanzi a Gesù morto e ai segni straordinari del Suo mistero – un pagano, il centurione romano, proclama la perfetta definizione di Gesù: «Davvero quest’Uomo era Figlio di Dio!».
Insomma, ogni credente può affermare, dopo aver meditato la proclamazione della passione di nostro Signore secondo Marco, che Gesù, nella morte in croce, ha raccolto tutte le lacrime, tutte le lacerazioni, e attraverso quella notte, uniti a Lui, come Egli si è fatto tutt’uno con noi, arriviamo alla luce che squarcia il buio; e in questa constatazione, senza fraintendimenti, si svela in pienezza questo Suo segreto: nel corso di tutta la Sua missione, l’Identità di Gesù, quale Figlio di Dio, era stata occultata e non apertamente proclamata, per volontà di Gesù stesso, però nella passione avviene la Sua piena rivelazione: Gesù non era un messia politico trionfatore, non era un maestro distaccato oppure un filosofo, bensì il Figlio di Dio crocifisso, il Messia manifestato al popolo di Israele e confessato da un centurione romano sotto la croce, che donandosi salva, e diventa la nostra professione di fede.