Celebrazione della speranza quella odierna.
Torna ogni anno questa festa a ricordarci che quando Dio ha a che fare con l’uomo non elabora teorie né consegna dottrine ma suscita eventi che interpellano la libertà degli interlocutori e coinvolge persone che siano segno del suo impenitente desiderio di ristabilire alleanza con l’umanità. Dio vuole legarsi all’uomo tanto da offrire un segno che pure non è richiesto: un bambino. È lui a prendere l’iniziativa anche se Acaz di turno dietro una mancanza di fede preferirà non legarsi a Dio, perseguendo la propria strada. Acaz sa che chiedere a Dio un segno significherebbe compromettersi.
E per tutta risposta Dio perde la pazienza: non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? E quando perde la pazienza Dio ritesse legami.Ecco il vangelo: anche di fronte all’ostinata incredulità dell’uomo Dio non cessa di suscitare vita. Dio non abbandona l’umanità all’esperienza della tenebra. Ad una umanità indebolita dal peccato e smarrita dal dubbio, Dio invia Gabriele, fortezza di Dio. Dà speranza sapere che anche le nostre fragilità stanno a cuore a Dio e sono costantemente sorrette dalla sua forza.
E oggi celebriamo appunto un evento: Dio sceglie di venire ad abitare in un cuore e in una casa, il cuore e la casa di Maria. Ma Maria non abita una terra ortodossa, abita, piuttosto una terra di confine qual era la Galilea. A Dio sta a cuore ogni nostra marginalità se è vero che i passi della salvezza hanno inizio in Galilea e termineranno in Galilea, là dove il Risorto darà appuntamento ai discepoli.
Il tutto in una condizione di impossibilità: Dio fa grazia ad una coppia a tutta prima infeconda.
A una vergine, dice il vangelo, viene fatta questa proposta. Cosa può voler dire per noi? Non perché gli interessi la nostra fisicità intatta, ma la freschezza del cuore. Verginità come capacità di accettare di vederci per quello che siamo. È il coraggio e l’umiltà di toglierci le maschere, di accettare ogni nostro aspetto per esprimere disponibilità nei confronti del nuovo, dell’inedito, il non essere schiavi del già visto.
Questa capacità di apertura interiore che diventa libera accoglienza, è la condizione perché possa avvenire l’incarnazione del divino nell’umano ancora ora, ancora qui.
A Maria l’angelo annuncia: il Signore è con te. Nessuno di noi è solo. Nessuno è abbandonato ad un destino cieco e insensato. È a noi che viene ripetuto: il Signore cammina al tuo fianco anche in questo frangente in cui forse sperimenti tutta la tua personale infecondità.
La storia, anche la tua, non è vuota ma è riempita di compagnia divina: i tuoi giorni non sono mai giorni di solitudine ma sempre giorni accompagnati. Qualcuno condivide con te il pane della gioia come il pane dell’afflizione. A ciascuno Dio ripete: io ci sono, ci sono per te.
Non temere… Come si fa a non aver paura? Puoi non aver paura perché Dio è colui che abbassa i cieli e discende: nulla è più irraggiungibile. Dio stesso si è abbassato per raggiungerti. Non è più in alto. Forse qualcosa della tua vita già comincia ad assomigliargli. Prova a scrutarne i segni del suo apparire. Forse qualcosa anche dentro di te già indica il rigonfiamento della sua presenza proprio come quello di una donna in attesa che a suo tempo partorirà.
Nulla è impossibile a Dio. E l’impossibile – lo sappiamo – si è già realizzato. E si è realizzato perché una ragazza ha offerto se stessa, ha offerto il suo grembo. Da quel giorno l’impossibile è divenuto la via ordinaria dell’umanità.
Scopriamo così che si è credenti solo se accettiamo di tentare le cose impossibili. Non c’è altra strada se vogliamo che il Cristo entri ancora nella nostra storia personale e sociale come segno di una presenza divina che altrimenti rischia di rimanerci nascosta.
Maria non sa ancora come accadrà quello che l’angelo le ha annunciato; nondimeno, però, pur senza sapere come è possibile, sa che è possibile. Per questo si farà discepola della vita che diventerà per lei il luogo e il tramite mediante il quale il Signore le offrirà indicazioni. Prima ancora che il suo corpo è la sua obbedienza ad offrire un grembo a ciò che il Signore vorrà compiere in lei e attraverso di lei.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM