Far vivere e benedire
Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.
Ispirandosi all’immagine di un apprendista di bottega che impara guardando e imitando, Gesù dice di non trovare in sé la forza di agire, ma in Dio. Nel «fare» del Padre si radica il «fare» del Figlio. È l’amore del primo a fare da garanzia e fondamento a questo apprendistato.
Per questo speciale legame di comunione, nell’agire del Figlio e nella sua parola si incontrano la parola e l’agire del Padre.
Lo si è già visto nel segno miracoloso del paralitico, ma occorre prepararsi a vedere «opere più grandi» ancora. A cosa si riferisce l’evangelista? Il contesto spinge a pensare che si tratti di ciò che immediatamente segue.
«Far vivere» e «giudicare» sono dunque le opere grandi che il Figlio compirà, avendone ricevuto il potere dal Padre.
Molto significativa è la successione in cui Giovanni dispone le due azioni: dare la vita precede il giudizio, diversamente da ciò che si riteneva abitualmente (prima il giudizio finale, poi il dono della vita perenne). La volontà di salvezza di Dio ha sempre la precedenza assoluta sul giudizio di condanna.
La capacità di strappare l’uomo alla morte era privilegio unico di Dio nella tradizione ebraica dell’Antico Testamento. Qui, tale capacità viene attribuita a Gesù, il quale ne fa una qualità dell’essere in rapporto con lui.
Questo «venire alla vita» non consiste nella resurrezione che accade alla fine della storia, bensì nel cambiamento qui e ora dell’esistenza terrena. Una trasformazione che permette, a chi la accoglie attraverso l’incontro con Gesù, di sperimentare la «vita piena» che Dio desidera per ogni uomo.
Il giudizio si gioca nell’incontro con Lui: chi lo accoglie e lo ascolta si orienta alla vita, viceversa chi non crede procede verso la morte (da intendersi non come decesso ma come vita all’infuori della relazione con Dio).
Questo «accogliere e ascoltare» cui Gesù fa riferimento non è da intendersi in senso teorico, bensì nella sua ricaduta etica.
Entrare nella «vita piena» chiede un’obbedienza concreta alla parola del Figlio, una pratica dei suoi insegnamenti che dia all’ascolto valore e spessore, evitando che diventi un vano prestare orecchio.
Spunti per la riflessione sul testo.
«Far vivere» precede il «giudicare» nella scala delle grandi opere che il Figlio compirà.
A dire ancora una volta – e davvero non è mai abbastanza – che il Padre di Gesù Cristo non vuole la fine di alcuno e dalla sua bocca non intende far uscire sentenze di morte.
Il suo parlare è fin dalle origini un dar vita e benedire. Mettere al mondo e riconoscere il buono che c’è in quel che ha creato.
Far vivere e benedire.
Le opere e le parole di Gesù raccontano questo volto di Dio e lo rendono presente. Le sue azioni dicono la volontà di favorire la vita di tutti, le sue parole abbondano di benedizione.
Accogliere e ascoltare Gesù e il Padre suo lo si fa con parole e opere tutte dedicate a «far vivere e benedire», dandogli la precedenza su ogni giudizio e ancor più su ogni condanna.
Riconoscere il buono che c’è e la dignità che ognuno ha benedicendolo e rispettandolo è l’annuncio più fedele del Vangelo di Cristo.
La condanna senza appello ne è, invece, il più palese opposto. […] Continua qui…
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