«La Chiesa può essere detta luogo di affari, ma di affari spirituali, dove non si presta ad usura denaro di quaggiù ma denaro del cielo, dove non si guadagna alcun interesse del denaro di questa terra, ma il godimento del Regno dei Cieli». (Cromazio di Aquileia)
Nella pericope odierna, troviamo una “particolare” provocazione che dobbiamo accogliere volentieri, giacché, quando il Padre ci invita a confrontarci con Lui, ci provoca sempre per il bene, per il meglio: non ci consente di assopirci nelle nostre mediocri e cattive abitudini quotidiane.
E se volessimo cogliere l’invito a questa provocazione e reagirvi in modo diretto, potremmo fare nostre le parole della pagina di Vangelo odierno: «Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo».
Così, possiamo domandare a Gesù: chi siamo noi?
Non per mettere alla prova la sua Sapienza, ma per il desiderio di sapere se ciò che Egli vede in noi gli piace; se è proprio quello che Egli è venuto a costruire con il suo mistero di morte e di risurrezione, poiché noi, i battezzati, siamo stati immersi nella morte e nella risurrezione del Figlio di Dio fatto Uomo.
Vediamo, intanto, di comprendere bene la provocazione di Gesù, per quanto ci è dato. Il Suo gesto, così vigoroso e anche clamoroso, esprime precisamente il comportamento appassionato e ardente verso la Sua missione.
Gli apostoli ricordarono più tardi le Sue parole: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere», comprendendone, poi, l’allusione segreta alla Risurrezione. È bene, quando pensiamo a Gesù, che anche noi lo rivediamo in questo atteggiamento: un Dio divorato da un sentimento appassionato. Non, dunque, solo la figura mansueta e mite, ma un Dio divorato e divorante. È il sentimento che gli fa compiere un gesto così inedito, così scandaloso, per allora, e sicuramente anche molto rischioso. Per capirlo occorre guardare Gesù stesso e chiedersi, e capire veramente “chi Egli è”.
Ora, ci è molto utile rammentare alcuni contenuti della dogmatica cristiana: Gesù è il Figlio incarnato, la divina Persona che assume la natura umana. Dunque, l’essenza di Gesù è quella di creare un legame assolutamente nuovo tra il divino e l’umano, oltre il quale non si può andare. Il divino e l’umano si uniscono saldamente nel grembo di Maria, in quel mistero di incarnazione che farà di Gesù il Figlio visibile del Padre.
È questa la condizione che produce in Lui una passione divorante, quella che poi ha trasmesso alla Sua Comunità, ai Suoi santi: essa consiste tutta nell’unire il divino e l’umano, nel far sì che il Padre trovi i figli, che i dispersi si raccolgano e incontrino Dio. Questo incontro è come un lampo di luce, è il senso del destino di tutti. E Gesù lo incarna. Notiamo, anche, che Gesù non predica l’incontro, perché Lui stesso “è l’incontro”, “è la Tenda vivente dell’incontro”. Per questo è divorato dal bisogno di trascinarci in Dio, iniziando da Israele.
Possiamo, allora, ritenere che Gesù sognava di diventare il gioiello del tempio materiale, il nuovo Tempio; voleva che capissero che era finito il tempo dei simboli, sostituito dalla realtà stessa.
Perciò, quando Gesù andò in Gerusalemme, la delusione fu violenta, ha trovato delle coscienze falsate. La gente mescolava facilmente gli usi e costumi del mercato con gli usi e costumi della sacralità. Non mancavano i riti solenni e misteriosi; il tempio era uno splendore, con la facciata rivestita d’oro, pieno di oggetti preziosi; il Sommo Sacerdote aveva manti dorati e intarsiati di brillanti. Ma il rischio del prevalere dell’esteriorità era forte: il tempio tendeva a diventare un luogo convenzionale, dove ci si recava ad offrire i sacrifici prescritti, a pregare secondo i testi della tradizione, forse talora anche per far mostra di sé e della propria pietà.
Gesù reagisce perché il sentimento che lo divora non resiste a questo equivoco. Egli è venuto per dire che bisogna incontrare Dio nell’intimità del cuore, come neanche il Tempio aveva mai saputo fare. E trova gente che prega, va, viene, mangia, vende e compra.
La Sua reazione è di fuoco, e dovrebbe essere così, oggi e sempre, la nostra reazione. Gesù certo non ci chiede di ripetere materialmente il suo gesto, ma ci chiede di esaminare prima di tutto noi stessi, perché, come anche i pagani sanno, Dio non si incontra nel tempio fatto di mura, ma nel profondo del cuore. Il tempio aiuta a far sì che l’essere umano rientri in se stesso e, nel segreto tempio del suo essere, percepisca Dio.
Ecco la purezza e la trasparenza della vita che deve far brillare il corpo glorioso di Gesù all’interno dello spazio e del tempo: «Voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio… I vostri corpi sono membra di Cristo… tempio dello Spirito Santo».
Ecco il «sacrario della coscienza»!