Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 5 Marzo 2021

Gesù racconta questa parabola agli anziani dei sacerdoti e ai capi del popolo: persone cui è affidata una particolare responsabilità sia sul piano religioso che su quello civile. Israele è il popolo che Dio si è scelto, che ha liberato dalla schiavitù e condotto nella terra promessa. È la vigna piantata con cura, protetta da una torre e affidata ai contadini. Ma i contadini, i capi del popolo, anziché coltivare la vigna per conto del padrone se ne impossessano, al punto che bastonano e uccidono i servi inviati a prendere il raccolto e fanno fuori il figlio stesso del padrone. È evidente l’allusione di Gesù ai profeti, inviati a più riprese da Dio al popolo infedele, e a se stesso, vittima ormai prossima della violenza che lo porterà alla croce.

Ma non è questa l’unica chiave di lettura della parabola: ciascuno di noi può leggersi come uno dei contadini a cui è stato affidata la cura della vigna. La vigna è la nostra vita, il nostro passaggio in questo mondo, con tutto ciò che ad esso è collegato (affetti, relazioni, capacità, desideri, esperienze, tempo…). Possiamo vivere riconoscendo che tutto ciò che ci è dato è dono di Dio, oppure possiamo sentirci padroni di tutto, proprietari unici e assoluti del nostro corpo, della nostra anima, delle nostre cose, del nostro tempo, delle persone che ci stanno attorno, vivendo nella paura di perdere qualcosa di nostro e non nel fiducioso abbandono ad un Padre buono. Vivendo male.
Beati noi se sapremo coltivare la vigna sapendo che tutto ci viene da Dio

Per riflettere

Rispondere con frutti di bene alla chiamata del Signore, che ci chiama a diventare sua vigna, ci aiuta a capire che cosa c’è di nuovo e di originale nella fede cristiana. Essa non è tanto la somma di precetti e di norme morali, ma è prima di tutto una proposta di amore che Dio, attraverso Gesù, ha fatto e continua a fare all’umanità. È un invito a entrare in questa storia di amore. (Papa Francesco)

Preghiera finale

Signore, Dio della vita,
rimuovi le pietre dei nostri egoismi,
la pietra che soffoca la speranza,
la pietra che schiaccia gli entusiasmi,
la pietra che chiude il cuore al perdono.
Risuscita in noi la gioia,
la voglia di vivere,
il desiderio di sognare.
Facci persone di resurrezione
che non si lasciano fiaccare
dalla morte, ma riservano sempre
un germe di vita in cui credere.


AUTORE: Consiglio Diocesano di Azione Cattolica di Pisa, Beatrice Granaroli
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi

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