Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
L’inutile elemosina e la giusta misericordia
La parabola ha come soggetto principale un uomo ricco che conduceva una vita comoda e agiata. Un uomo che tutti avrebbero potuto dire fortunato o anche benedetto. Alla sua porta c’era un povero di nome Lazzaro, un misero mendicante, abbandonato da tutti, tranne dai cani che gli leccavano le ferite, che tutti avrebbero definito un uomo sfortunato. La morte accomuna i due uomini che la «sorte», così avrebbe potuto pensare qualcuno, aveva differenziato assegnando a uno i suoi beni e all’altro i suoi mali. Se la storia si fermasse qui sarebbe legittima la domanda: perché esiste l’ingiustizia, per cui c’è chi ha tanto e chi ha nulla, perché la vita è così iniqua che riserva la fortuna ad alcuni e la disgrazia ad altri?
In realtà la storia continua perché la morte ribalta la sorte per cui il povero Lazzaro entra ricco in cielo e il ricco si ritrova in mezzo ai tormenti degli inferi. Lì si ricorda di Lazzaro, che in vita aveva sempre ignorato, e gli chiede aiuto per alleviare le sue sofferenze. La risposta di Abramo rende esplicito il peccato del ricco. L’indifferenza crea un abisso incolmabile, facendo della differenza una distanza abissale. L’uomo ricco più che domandarsi come godere dei beni ricevuti, avrebbe dovuto interrogarsi su come impiegarli per il bene anche degli altri. La vita diventa ingiusta quando è goduta solo per sé stessi.
Se il ricco avesse rinunciato a qualche piacere avrebbe sentito un po’ della fame di Lazzaro e se avesse tolto qualcosa da sé avrebbe accorciato le distanze dal fratello. La morte ristabilisce la giustizia negata dagli uomini. Per cui il povero viene saziato dei beni che gli sono stati rifiutati e il ricco perde la vita che invece ha preteso di godere solo per sé.
Le briciole che cadono dalla tavola del ricco sono l’inutile elemosina di quelle persone che danno agli altri gli scarti, senza lasciarsi ferire dal dolore degli altri.
La carità è il compendio della Parola di Dio e della giustizia. Ascoltarla significa praticare la misericordia, ovvero rendere il cuore misero per fare proprio il dolore del fratello e condividerlo offrendo ciò che si ha e ciò che si è.
Signore Gesù, tu che ti sei fatto povero per arricchirci e hai condiviso la fraternità per condurci tutti in Paradiso, scuotimi dal torpore dell’indifferenza e rendi il mio cuore sensibile al dolore del misero. Il mio occhio non si abitui a vedere scene di povertà ma illuminato dalla tua Parola sia attento a cogliere anche quelle nascoste per provarne compassione. Il mio orecchio non si stanchi di ascoltare il grido del misero ma con l’aiuto del tuo Spirito il mio cuore possa aprirsi ad accogliere il suo anelito e la mia voce si unisca alla sua per invocare giustizia. Le mie spalle non si alzino in segno di rassegnazione ma ti chiedo di renderle più forti perché possa farmi carico del peso dei miei fratelli più deboli e soli.