Moltiplicare le parole, le invocazioni di Dio, per essere certi di attirare la sua attenzione e per ottenere ciò che si chiede.
Una pratica molto diffusa…
Allora come adesso…
Più lo chiamo, più egli interverrà…
Più prego invocandolo in tante forme e in tanti modi, più “le cose mi andranno bene”… Spesso un Dio talismano che mi proteggerebbe dalle sventure…
Più pratica religiosa metto sul fuoco a cuocere, maggiori saranno le grazie che otterrò… La mia fedeltà agli atti, quasi impone a Dio di essere presente…
Ed ecco le parole vane e vuote, come pure le “pratiche di preghiera” faticose e sudate quanto esteriori, volte ad accumulare punteggi per poi pretendere di riscuotere il premio…
Mi spiace, ma tante volte è così…
Se ci si ferma a questo…
Gesù consegna il “Padre nostro”, ma non come formula di preghiera che sostituisce le “parole vuote e moltiplicate”… Gesù ce lo consegna perchè ci introduce nella relazione con il Padre suo e nostro, una relazione che è il cuore fondante della preghiera…
Non mi fornisce un testo efficace, quasi magico…
Gesù mi offre uno sguardo su ciò che Dio è per me: è Padre che mi ha donato vita e amore, prima di tutto…
La consegna di questa preghiera è la rivelazione di una relazione d’amore in cui il primo passo lo ha fatto mio Padre Dio… I miei sono solo consequenziali, e valgono nella misura in cui vivo “dentro” questo rapporto…
Oggi voglio mettermi davanti a te, Padre…
Senza dirti nemmeno di cosa ho bisogno… Lo sai già…
Oggi voglio stare davanti a te, immobile, in silenzio, e lasciarmi guardare, lasciarmi amare, lasciarmi correggere, lasciarmi abbracciare…
Non ti devo dire nulla…
Spegni gli inneschi delle mie parole sprecate…
Zittisci le mie richieste per un poco…
E fatti sentire Padre…
Oggi…
Sempre…
Fonte: Telegram | Pagina Facebook
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