Anche questa volta Gesù raccomanda ai discepoli di non dire nulla a nessuno: l’esperienza che li ha lasciati ammutoliti per la sua bellezza e per la sua profezia di sofferenza deve rimanere nascosta nel loro cuore. Hanno visto Gesù in preghiera: sul suo volto e su tutta la sua persona appariva la luce di Dio. Quando un uomo prega non è solo, infatti si trova a colloquio con Dio: su di lui perciò si riflette e si riversa dall’alto la grazia e la pace del Padre: tanto più se colui che prega è lo stesso Figlio di Dio!
Nella luce di Dio anche i suoi santi hanno il loro posto, soprattutto attorno a chi che è stato annunciato come colui che deve venire, il Figlio prediletto del Padre. Mosè ed Elia rappresentano tutti i giusti, tutti i patriarchi e i profeti, tutti coloro che in vari modi hanno fatto risplendere, con amore e fede salda, l’autorità e la sapienza di Dio sulla terra in mezzo al suo popolo. Mosè ed Elia in questo momento vivono il loro momento più bello e più atteso, anzi, questa è l’ora in cui la profezia della loro vita si sta realizzando. Mosè ed Elia discorrono con Gesù: quale potrà essere l’argomento del loro colloquio? Tutt’e due hanno sofferto molto per portare a compimento la loro missione. Certamente Gesù parla con loro di ciò che dirà ai tre discepoli scendendo dal monte, cioè del suo traguardo, del mistero finale della sua obbedienza al Padre, che lo ha illuminato e che lo ha presentato con quelle pochissime parole tanto significative! “Questi è il Figlio mio”, parole che nel secondo salmo si riferiscono al re che riceverà il regno su tutti i popoli. “L’amato”: così Abramo chiama il proprio figlio Isacco mentre lo accompagna sul monte dove pensa di doverlo sacrificare. La prima lettura ci ha riportato su quel monte e ci ha fatto assistere al momento culminante della fede di Abramo. “Ascoltatelo”: tutta la Scrittura è percorsa dall’invito ad ascoltare la voce di Dio, ed ora egli stesso dice che il modo per farlo adeguatamente è porgere orecchio a quel Figlio che si è recato sul monte a pregare. Ogni parola è una profezia realizzata, ma anche una profezia, cioè una Parola di Dio, che fa vedere e aiuta a comprendere i prossimi avvenimenti che riguardano proprio quel Figlio che si è ritirato a pregare con alcuni dei suoi primi discepoli.
La reazione di questi tre discepoli sembra abbastanza superficiale. All’inizio la paura li ha presi alla sprovvista, tutti e tre. Poi Pietro si ferma a considerare solo la piacevolezza del momento, e desidera prolungarlo, per prolungarne la dolce e sensazionale emozione. È vero che stando con Gesù si possono provare belle emozioni, si fanno delle piacevoli esperienze. La nostra attenzione però non deve fermarsi su di esse, ma deve fissarsi ancor più su di lui, su Gesù, anche a costo di non ripetere più la stessa esperienza. Vivendo con lui, anche noi saliremo sul monte con Abramo, vivremo la fatica di Mosè e la desolazione provata da Elia, con lui piangeremo, e cammineremo col dubbio nel cuore, abbandonati alla certa, ma sconosciuta possibilità dell’intervento del Signore.
Vivendo con Gesù saremo rafforzati, come San Paolo, nella certezza di essere amati dal Padre, di essere al sicuro, di essere al centro del cuore di Dio anche quando il nostro nemico ci fa percorrere la strada della morte. Il nostro cuore diventerà uno scrigno che nasconde preziosi tesori, come fu il cuore dei tre discepoli che riuscirono a tenere per sè l’esperienza vissuta, e a farne oggetto di continua umile meditazione.
Quando non si capisce qualche parola o qualche mistero di Dio, questa è la strada da percorrere: con umiltà trattenerlo nel cuore fino a che il Signore stesso riterrà opportuno svelarcelo. Quando rinnoveremo le promesse del nostro battesimo durante la veglia pasquale, questa umiltà sarà il dono gradito al Padre, che ci rafforzerà nella fede e nella carità. Così faranno i tre che odono dalla bocca di Gesù, loro maestro, la parola risurrezione. Parola nuova, troppo misteriosa. La terranno nel silenzio del loro cuore con umiltà. Comprendono che vivere con Gesù è partecipare ad un mistero, che solo con l’umiltà può essere avvicinato.