«Se dici basta, sei perduto. Guarda sempre avanti, cammina sempre, avanza sempre. Non restare allo stesso posto, non retrocedere, non sbagliare strada. È meglio uno zoppo che va per il cammino che colui che corre fuori dal cammino». (Sant’Agostino, Sermo 169, 15 [PL 38, 926])
Dopo l’episodio del Battesimo in cui Gesù ricevette lo Spirito Santo e udii la voce del Padre – «Tu sei il Figlio mio prediletto» – ci saremmo potuti aspettare, subito dopo, l’inizio dei Suoi insegnamenti. Gesù, invece, decise di cominciare nella maniera più degna e giusta, e in particolare volle insegnarci come si cominciano le #CoseDiDio: nel raccoglimento e nella preghiera, consapevoli che tutta la nostra vita è una #CosaDiDio.
Per capire pienamente queste parole, bisogna ricordare il momento della crocefissione, quando Gesù, sulla Croce, disse: «Tutto è compiuto»; poi spirò. E noi sappiamo che il termine compiuto non significa finito, bensì completato. Ora, durante la Sua vita, Gesù tornò sempre all’idea di fondo: compiere il disegno del Padre.
Vi è anche un altro elemento di grandissimo rilievo: «Tutto è compiuto».
Ma che cosa?
Gesù comincia insegnando, ma il progetto che ha nel cuore è ben più grande, come ben sappiamo. Ecco, allora, la lezione di oggi: il modo in cui Gesù comincia questa immensa missione per la redenzione di tutta l’umanità, mostrando al Padre come sceglierà nella sua vita, libero di fronte a tutte le possibilità. Lo fa in maniera molto umana; e sia benedetto per questo, perché è così che ci coinvolge, cominciando la Sua missione di salvarci facendoci vedere come Lui sceglierà.
È importantissima questa lezione perché riguarda il senso della vita di noi tutti: scegliere, decidere per una realtà, per una via piuttosto che per un’altra, usare il supremo dono di essere liberi.
Ogni giorno, certamente, noi ricominciamo a usare il dono della libertà. Ma, se riflettessimo bene, ci renderemmo conto che l’inizio della nostra giornata non è sempre l’offerta al Padre di scegliere prima di tutto quello che a Lui piace; come era invece quella di Gesù.
Noi infatti entriamo in una giornata, che continua quella di ieri e va poi verso quella di domani, presi da piccole scelte che spesso non corrispondono ad una scelta autentica. Ciascuno di noi istintivamente comincia la giornata teso a optare, se appena è possibile, certamente, per ciò che è gradevole, non per ciò che è sgradevole. E non è un peccato, ma semplicemente un atteggiamento umano, e affinché non capiti più, scartiamo d’istinto ciò che ci può dar pena o fastidio: la prima scelta è quella tra il gradevole e lo sgradevole, tra il facile e il difficile. L’altra è poi quella – forse oggi dominante – tra ciò che è vantaggioso e ciò che è svantaggioso, tra il guadagno e la perdita.
Si tratta sicuramente di scelte utili e anche necessarie per la vita quotidiana, ma sono piccole e contingenti, rischiano di essere le uniche, e in fondo dominano ed esauriscono le nostre preoccupazioni. E così si può ricordare anche la sotterranea, assidua scelta tra ciò che è utile e ciò che è nocivo alla nostra salute.
Ora, voltiamo pagina e guardiamo a quello spazio, evocato dal Vangelo di oggi, che è il deserto, che per la Bibbia e per le persone d’Oriente più che uno spazio topografico è una realtà viva, una situazione dell’esistenza, una sorta di kairós. Sappiamo, anche, che il deserto è il luogo del pericolo e della tentazione, dove emerge il vuoto interiore, il senso di ribellione e di disimpegno, la paura del credere, l’egoismo nel donarsi, il desiderio di godimento immediato, il rifiuto della legge divina. E, quindi, il luogo simbolico del peccato e dell’infedeltà.
In realtà, possiamo attribuire al deserto un altro volto, come ci racconta l’evangelista Marco.
Il deserto è il simbolo trasparente delle relazioni tra il Signore e il Suo popolo, il quale decide di uscire dal deserto urbano della distrazione, dell’egoismo, dell’ottusità spirituale, della tentazione, per poi entrare nel deserto della quaresima, della contemplazione, dell’amore, della vera libertà.
La semplicità di vita, l’essenzialità, il digiuno del deserto quaresimale di Gesù e del cristiano acquistano, allora, un senso e una concretezza particolari, al fine di ritrovare l’agognata armonia con sorella Terra; di ritrovare l’autenticità del dialogo e dell’alleanza; di ritrovare l’auspicabile rispetto per la creazione; di ritrovare la capacità di dar inizio ad una crescita equilibrata delle nostre relazioni con il creato. Solo così, potremo, un giorno, alzare lo sguardo per scorgere l’arcobaleno segno di salvezza, perché ha i colori dell’intelligenza, della sapienza, della volontà, della moralità, della scienza, della gratuità, del sacrificio, della fede di cui l’umanità è capace.