Oggi, mercoledì delle ceneri, inizia il tempo quaresimale, nel quale il Vangelo ci invita ad assumere questi tre comportamenti penitenziali: elemosina, preghiera e digiuno. Sono tre privazioni, tre rinunce: l’elemosina comporta una parziale rinuncia ai nostri beni, al nostro denaro, per venire incontro alle esigenze di persone più bisognose di noi. Il digiuno è una rinuncia volontaria al nostro cibo, ai nostri gusti, per una questione di igiene personale, di educazione dei nostri istinti più elementari, ma anche qui per un bisogno di equità e di condivisione con chi ne è più sprovveduto. La preghiera, poi, è una rinuncia ancora più radicale alla nostra volontà, per rimetterci nelle mani di una volontà più grande e più salutare per tutti, non solo per noi, come insegna il Padre nostro.
Il capitolo sesto del Vangelo di Matteo enumera queste tre rinunce sotto una rubrica comune: non fare la nostra giustizia, cioè non fare nessuna di queste tre cose, “per essere ammirati dagli uomini”. E poi specifica ognuna di esse con poche parole, ma molto incisive, che ripetono sempre lo stesso schema. Tre sono le parole chiave: ipocrisia, ricompensa e segreto.
Anzitutto, non bisogna essere ipocriti, o non comportarsi da ipocriti. Ipocrisia sarebbe compiere queste opere pubblicamente, per essere lodati dalla gente, per ricercare l’approvazione degli altri. In questo caso, avremmo già ricevuto la nostra ricompensa, vale a dire il gradimento, il riconoscimento altrui. “Non siate simili agli ipocriti”, dice il Vangelo, che certamente presenta una punta polemica contro i farisei, che fanno l’elemosina nelle sinagoghe e nelle strade o pregano eretti negli angoli delle piazze, oppure assumono un aspetto disfatto per far vedere agli altri che digiunano. Ma, al di là di questa polemica occasionale, è un comportamento comune che qui viene sanzionato. Noi stessi possiamo assumere, senza nemmeno avvedercene, delle posture di questo genere: farci pubblicità, ricercare il successo o la notorietà. Questa non è la vera ricompensa. Esiste sì una ricompensa, ma questa avviene “nel segreto”. “Quando fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto”; “quando preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo che è nel segreto”; “quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo che è nel segreto”.
La massima segretezza, quindi, fino alla taciturnità: è proprio questa la vera ricompensa. Vera ricompensa è non riscuotere nessuna approvazione esteriore, ma solo delle conferme interiori. Questo vale soprattutto per la preghiera. È significativo che la sola raccomandazione che ci faccia Gesù non riguarda la necessità di una preghiera pubblica, comunitaria, che pure rimane pedagogica per ciascuno, ma quella di una preghiera personale, nel silenzio della nostra stanza. Infatti, “il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Ci crediamo veramente?
fratel Alberto
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