Dovunque Gesù arrivasse, gli portavano i malati sulle piazze, sulle porte, dai tetti… E mendicanti ciechi lo chiamavano, donne sofferenti cercavano di toccargli almeno l’orlo del mantello, almeno che la sua ombra passasse sulla loro umanità sofferente. E ora che cosa trova?
Gente che discute di mani lavate o no, di stoviglie, di lavature di bicchieri! C’era davvero di che sentirsi scoraggiati. Gesù, però, non si perde d’animo, neppure davanti ai più superficiali, neppure davanti a me, e indica la strada: dall’esteriorità all’interiorità, dalle cose al cuore.
Il cuore: non il semplice simbolo dei sentimenti o dell’affettività, ma il luogo dove nascono le azioni e i desideri, dove si sceglie la vita o la morte, dove si distingue tra vero e falso, dove Dio seduce ancora. Ma nel cuore dell’uomo c’è tutto: radici di veleno e frutti di luce; campi seminati di buon grano ed erbe malate.
Decisivo è evangelizzare il cuore, le nostre zolle di durezza, le intolleranze, le linee oscure, le maschere vuote. Io evangelizzo il mio intimo quando a un sentimento dico: tu sei secondo Cristo, e ti accolgo, anzi ti benedico; a un altro invece dico: tu non sei secondo Cristo e non ti accolgo, non ti do la mia casa, non ti lascio sedere sul trono del mio cuore.
Via dunque le sovrastrutture, i paludamenti, via gli apparati, le disquisizioni sottili e vuote, le tradizioni, le costruzioni fastose, vai al cuore. E libero e nuovo ritorna il Vangelo, liberante e nuovo, sempre. Scorri il Vangelo e senti l’ombra di una perenne freschezza, perché sei tornato al cuore felice della vita.
Milena Acquafredda s.a.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato