don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 7 Febbraio 2021

Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]

Vita di servizio, profumo di speranza

Nelle parole di Giobbe è espressa una profonda delusione della vita. È lo sfogo di un uomo sofferente che, facendo un bilancio della sua vita, la valuta fallimentare. La fatica del lavoro quotidiano e la fedeltà alle proprie responsabilità sono ricompensate da un ingiusto dolore. Il discorso di Giobbe è un atto di accusa verso Dio, una critica alla sua giustizia, almeno a quella presentata dai teologi che indicano nella sofferenza la condanna per la colpa. Ciò che angustia Giobbe non è solo l’infermità fisica, ma la disperazione alimentata da una fede che coincide con la giustizia retributiva. 

Se una speranza c’è è quella di trovare la via per la guarigione per ristabilirsi in salute. Ma il tempo fugge e la speranza svanisce giorno dopo giorno.

L’ingresso di Gesù nella casa di Simone e Andrea e i suoi gesti silenziosi compiuti nei confronti della donna anziana, bloccata a letto dalla febbre, sono la rivelazione di un Dio che si coinvolge pienamente nelle vicende umane e lo fa con delicatezza e tenerezza. La parola autorevole cede il posto a semplici gesti di umanità. Il conoscere l’infermità della donna lo induce ad avvicinarsi a lei per farla alzare. Il verbo alzare è lo stesso della risurrezione. Come per Gesù, anche per la suocera di Simone, non si tratta di rimettersi in piedi o ristabilirsi nello stato precedente ma avviene una novità nel modo di essere e di vivere. Il contatto con Gesù da una parte è partecipazione sua alla nostra condizione mortale, dall’altra è la via attraverso la quale noi partecipiamo alla sua risurrezione, ovvero al suo modo di vivere nel corpo come servo per amore. La sofferenza vissuta nel corpo non è più la dimostrazione di quanto sia inutile lavorare e faticare perché poi tutto finisce e non c’è vera ricompensa, ma è l’occasione nella quale Dio si fa vicino per risollevarci e darci una vera speranza di vita. Gesù, il vangelo di Dio, ci comunica la sua speranza, cioè la forza di rialzarci per essere creature nuove che vivono le fatiche e le sofferenze di ogni giorno come servizio d’amore ai fratelli. Il dolore vissuto senza la fede, ovvero la compagnia di Dio, diventa disperazione che ci isola dagli altri. Al contrario, la fede ci permette di vivere il dramma della fragilità del nostro corpo come la soglia aperta per accogliere tutti i fratelli e condividere con loro, seguendo Gesù, il cammino della croce che culmina con la risurrezione. 

Gesù insegna che la preghiera, fatta nel cuore della notte, è la condizione essenziale per progredire nel cammino della vita verso il compimento della vera speranza. La preghiera è contatto con Dio personale e comunitario nel quale si sperimenta la potenza terapeutica del Vangelo. Chi incontra Gesù e con fiducia lo segue nel cammino di fede si lascia toccare sempre più intimamente nel cuore. L’orizzonte della vita si allarga ad abbracciare tutti i fratelli e le sorelle con cui formare una sola famiglia. 

Prendendo consapevolezza dei nostri limiti ci rendiamo conto che non basta prenderci cura del nostro corpo fisico, ma che abbiamo bisogno di andare oltre e curare anche la dimensione spirituale. Il motivo per cui intraprendere e perseverare in un itinerario di fede e di guarigione dello spirito non potrà più essere semplicemente la salvezza della propria anima, ma il bisogno di un contatto più intimo con Dio e il desiderio di seminare la speranza ovunque e in chiunque. Gesù ci offre un modello di vita, vita di servizio da cui promana il profumo della speranza.

Prendimi per mano

Signore Gesù, ti ringrazio perché nei tuoi gesti così umani mi riveli quanto è semplice l’amore di Dio. É un amore a portata di mano! Anche se non sono presentabile tu sai come raggiungermi, visitarmi e toccarmi nell’intimo con la tua parola. 

Mi prendi per mano per restituirmi la speranza, ti metti nelle mie mani perché io la semini ovunque e a chiunque a partire da quelli di casa mia. 

La tua mano spalanchi la porta perché con Te osi varcare la soglia della mia umanità così fragile, ma anche tanto preziosa ai tuoi occhi. 

Quando mi afferra la disperazione, la paura mi acceca e l’ansia mi serra il cuore facendomi sentire il peso delle mie debolezze e impari rispetto alle attese degli altri, prendimi ancora una volta per mano perché nella preghiera avverta il calore della tua carezza trovandovi conforto e sapienza. 

Prendimi per mano perché in tua compagnia percorra le strade del servizio, soprattutto quelle per me inedite e rischiose. 

Poni tua mano sui miei occhi a proteggerli dall’abbaglio dell’ambizione perché la miopia del pregiudizio non mi impedisca di scrutare orizzonti più vasti e più lontani della missione. 

Dopo le veglie notturne di lotta e preghiera possa vedere l’aurora della risurrezione, la vita nuova che nasce dopo il tramonto delle illusioni, e annunciare con il servizio il vangelo che profuma di speranza.

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