Luciano Manicardi, Commento al Vangelo di domenica 7 Febbraio 2021

Insieme per imparare

Il brano evangelico di questa domenica si trova all’interno di quell’unità di tempo e di luogo chiamata “giornata di Cafarnao” (Mc 1,21-39) che rappresenta una “giornata tipo” del ministero di Gesù e che svolge una funzione programmatica e sintetica dell’intera attività di Gesù. Se l’azione qui si svolge a Cafarnao (Mc 1,21), in verità essa si estende a tutta la Galilea (Mc 1,39). Se a Cafarnao Gesù predica (Mc 1,21-28) e compie guarigioni cacciando demoni (Mc 1,29-34), questo è ciò che egli farà anche “altrove” (Mc 1,38): “(Gesù) andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni” (Mc 1,39). In particolare, l’evangelo odierno ci presenta l’incontro di Gesù con persone malate nel corpo e nella mente e la sua attività di cura e di guarigione.

Uscito dalla sinagoga, Gesù entra nella casa di Simone, dal luogo pubblico passa al luogo privato, dal luogo dell’assemblea orante al luogo domestico. E se nella sinagoga aveva guarito un uomo posseduto da uno spirito impuro, in casa di Simone ne guarisce la suocera che giaceva a letto febbricitante. La presenza del male e del dolore è onnipervasiva, non risparmia alcuno spazio. Qui, tra l’altro, impariamo anche che Simone era sposato (cf. anche 1Cor 9,5 in cui si afferma che la moglie accompagnava Pietro in occasione di viaggi apostolici). È interessante che Gesù esca dalla sinagoga dove si stavano sprecando i giudizi positivi e lusinghieri su di lui e sulla sua autorità. Gesù non si ferma a raccogliere consensi e a godersi gli applausi, ma preferisce uscire e andare altrove. Analogamente si comporterà quando Simone e gli altri discepoli gli riferiranno che tutti ormai lo cercano e vogliono incontrarlo avendo visto le guarigioni che ha compiuto (Mc 1,37). E mostrerà la chiara coscienza del suo mandato e della sua missione che lo porta a non compiacersi della sua riuscita nella predicazione e delle guarigioni operate, ma a proseguire il suo cammino: “Per questo infatti sono venuto” (Mc 1,38). Marco, che a differenza dei testi paralleli di Matteo e di Luca (Mt 8,14; Lc 4,38), specifica che Gesù entra in casa di Simone insieme con Andrea, Giacomo e Giovanni (Mc 1,29), ci suggerisce che ormai i primi seguaci di Gesù imparano da Gesù guardandolo, ascoltandolo, accompagnandolo, stando cioè insieme con lui, condividendo la sua vita e la sua attività. Lì, nella condivisione della vita quotidiana, avviene la loro formazione come discepoli e apostoli. Essi stessi, del resto, saranno chiamati a “stare con lui” e saranno “inviati a predicare e a scacciare demoni” (cf. Mc 3,14-15).

Il breve racconto della guarigione della suocera di Simone ha una valenza spirituale ed ecclesiale che traspare dalla pur sobria narrazione. Il racconto parla dell’avvicinarsi di Gesù alla donna malata, e al suo farla alzare, ponendo questa azione in primo piano e mettendo in subordine il gesto di prenderla per mano. Il verbo sarà usato per indicare la resurrezione (Mc 12,26; 14,28; 16,6). Quel riprendere la postura eretta risollevandosi dalla prostrazione di chi è malato è dunque un annuncio discreto e realissimo di resurrezione. Esito della guarigione è per la suocera di Simone il mettersi a servire Gesù e gli altri discepoli. Colei che Gesù ha servito donandole l’integrità della salute che aveva perso, ora si mette lei a servire tanto il suo guaritore, quanto coloro che parlando di lei a Gesù hanno esercitato una funzione di mediatori e intercessori in suo favore.

Dopo questo breve racconto di guarigione, ecco che la pericope evangelica odierna presenta un sommario che riassume l’attività terapeutica di Gesù. Marco specifica che è dopo il tramonto del sole che vengono portati a Gesù molti malati, dunque al momento in cui inizia un nuovo giorno: in effetti la scena precedente si svolge di sabato (Mc 1,21) e trasportare pesi è interdetto in tale giorno. Assistiamo ora a un nuovo aspetto dell’intercessione: se i discepoli avevano parlato a Gesù della donna malata (Mc 1,30), ora a Gesù vengono portati tanti malati (Mc 1,31). Possiamo supporre che la notizia della guarigione della suocera di Simone si sia diffusa rapidamente e così, appena possibile, tanti (anzi, Marco generalizza: “tutta la città”) si sono radunati davanti alla porta della casa di Simone per cercare guarigione per i loro malati. Questi versetti generalizzano un’attività storica di Gesù e ampiamente attestata nei vangeli: il suo incontro con persone malate nel corpo e nella mente e la sua attività di cura e di guarigione. Attività che riveste una valenza teologica: Gesù, come terapeuta, come “medico” (Mc 2,17), attualizza in sé la potenza del Signore stesso. Nel libro dell’Esodo Dio stesso dichiara a Israele che il suo nome è: “Colui che ti guarisce” (Es 15,26). Le guarigioni sono dunque segni messianici. Sono vangelo in atti, in gesti.

Va rilevato che la testimonianza evangelica sul “Cristo medico”, ha avuto un’enorme ripercussione nella tradizione cristiana antica e presso i Padri della Chiesa fino al Vaticano II che parla di Gesù quale “medico del corpo e dello spirito” (Sacrosanctum Concilium 5): Cristo è “il sommo medico” (Origene), “il medico delle anime e dei corpi” (Barsanufio), “il medico umile” (Agostino), “il medico e la medicina” (Agostino) delle malattie fisiche e spirituali dell’uomo. Scrive Ambrogio: “Cristo è tutto per noi. Se vuoi curare una ferita, egli è il medico; se bruci dalla febbre, egli è la fonte d’acqua; se sei oppresso dall’iniquità, egli è la giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è la forza; se temi la morte, egli è la vita; se desideri il cielo, egli è la via; se fuggi le tenebre, egli è la luce; se cerchi cibo, egli è il nutrimento” (De virginitate 16,99). Si è sviluppata così una tradizione di preghiere rivolte al Cristo medico. Ricordo la vibrante preghiera contenuta negli Atti di Tommaso (I metà del III sec. d.C.): “Compagno e aiuto del debole, speranza e fiducia del povero, rifugio e riposo dello stanco, … asilo e porto di quanti percorrono la regione delle tenebre, medico che guarisci gratuitamente; tu che tra gli uomini fosti crocifisso per le moltitudini e per il quale nessuno fu crocifisso! … Nella terra della malattia sii il loro medico; nella terra della stanchezza sii il loro fortificatore; sii il medico dei loro corpi, da’ vita alle loro anime; rendili santuari e templi affinché abiti in essi lo Spirito santo”.

È poi interessante notare che normalmente nei vangeli non si dice che Gesù va in cerca dei malati, ma sono loro, i malati stessi che vanno a Gesù, quasi attratti dalla sua umanità, ed egli risponde al grido espresso o muto che sgorga dalla loro presenza ferita curandoli. Inoltre, incontrando i malati, Gesù non predica mai rassegnazione, non presenta atteggiamenti fatalistici, non afferma mai che la sofferenza avvicini maggiormente a Dio, non chiede mai di offrire la sofferenza a Dio, non nutre atteggiamenti doloristici: egli sa che non la sofferenza, ma l’amore salva! Egli combatte il male, cerca di restituire l’integrità della salute e della vita al malato, lotta contro la malattia, dice di no al male che sfigura l’uomo. Così Gesù fa delle sue guarigioni delle profezie del Regno. E intorno a lui comincia a formarsi la Chiesa. Scrive Benoît Standaert: “(La chiesa) si forma a partire da un Maestro, accompagnato da quattro discepoli: dove egli va, va anche il suo discepolo; dove essi sono, si forma la chiesa. Ed essi sono là dove si soffre: vanno verso la sofferenza della gente e la sofferenza della gente va verso di loro. Irresistibilmente. Ecco come il Regno di Dio si manifesta in primo luogo e ogni volta”.

Il testo evangelico odierno viene concluso da un testo di tono biografico (Mc 1,35-39). Gesù si alza molto presto al mattino e, quasi furtivamente, se ne va in un luogo solitario per pregare. Non si preoccupa di avvisare i suoi discepoli che restano sorpresi dalla sua assenza e si mettono sulle sue tracce. I discepoli devono così cominciare ad imparare che oltre a predicare e a scacciare demoni devono anche ricercare la preghiera. In Mc 9,29 essi saranno rimproverati da Gesù che stigmatizzerà la loro incapacità di guarire il ragazzo epilettico dicendo: “Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo se non con la preghiera”. Gesù è cercato da tanti, da tutti (“Tutti ti cercano”: nelle parole dei discepoli sembra quasi esserci una punta di rimprovero). Eppure Gesù si sottrae a questa ricerca che, evidentemente, deve essere purificata. Egli va avanti per la sua strada. Determinato. Risoluto. Senza farsi interrompere dal “successo”. Certo, a noi lettori del vangelo, non può non porsi la domanda: Che cosa cerchiamo veramente quando diciamo che cerchiamo il Signore? Non a caso proprio il vangelo secondo Marco (anche nel brano evangelico odierno) presenta un Gesù sempre in movimento, che sempre si sposta, cammina, entra, esce, se ne va. Il suo movimento è spiazzante e il discepolo è sempre lì ad arrancare per cercare di stargli dietro. Gesù è imprendibile, inafferrabile. Eppure, con la preghiera, il discepolo può trovarsi là dove è anche il suo Signore. E stando con lui (cf. Mc 3,14) può anche vedere dispiegarsi in sé, per fede, la potenza della parola e dell’azione di Gesù stesso. E può proseguire la sua sequela fino alla fine.

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A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose


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