Queste sono parole che si prestano molto bene al generare sensi di colpa.
Solitamente quando le leggiamo ci identifichiamo velocemente con uno dei semi che per un motivo o per l’altro non portano frutto, ci sentiamo un po’ in colpa perché dovremmo essere il seme che dà il cento per uno e poi continuiamo la nostra vita con un po’ di amaro in bocca perché non siamo “come dovremmo essere”. Anche se non sembra, questa è la soluzione che molto spesso preferiamo, nonostante il sentimento di inadeguatezza che ci prende.
Preferiamo questa soluzione perché è veloce, non chiede un grande lavoro di riflessione o di meditazione perché tanto il cento per uno non lo darò mai! E il senso di colpa che sentiamo, paradossalmente, è rassicurante! È come se fosse un piccolo prezzo da pagare per evitare di lavorare su di me. È come se dicessimo: «Caro Padre, facciamo così: io non prendo sul serio la tua Buona Notizia, ma in cambio ti pago sentendomi un po’ a disagio».
L’altra soluzione è quella di prendere gli esempi di semina come un aiuto a capire l’atteggiamento di vita in cui mi trovo adesso e assumerlo come il punto di partenza del mio cammino di crescita umana e spirituale. Capisco dove mi trovo, e quindi capisco su quali aspetti della mia vita iniziare a lavorare per arrivare all’obiettivo del trenta, sessanta o cento per uno. Certo, è un obiettivo che sappiamo di non poter raggiungere, ma dà direzione alla mia strada. Evidentemente si tratta di una cosa più complessa, perché chiede un lavoro serio di verità su di noi e la fatica del camminare.
A essere sinceri, tra le due soluzioni, la seconda è oggettivamente più complicata. Forse è davvero più semplice sentirsi in colpa e continuare la nostra vita! Il problema è che nel contratto di scambio della prima opzione ci sono delle clausole scritte in caratteri molto piccoli, che dicono che c’è un prezzo ulteriore da pagare: quello che stiamo dando via è anche la possibilità di una vita da persone libere.
Leonardo Vezzani SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato