Fonte: il sito di Robert Cheaib oppure il libretto “Parola e Preghiera“.
Docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
La parabola è un genere letterario tanto discreto quanto efficiente. Discreto perché non punta il dito, efficace perché mette il dito sulla (e nella) piaga. La parabola esprime la cura delicata del Signore Gesù che vuole liberare la nostra libertà.
Così dinanzi a questo testo di semina, di generosità divina, siamo ogni giorno posti dinanzi all’eco del nostro amore a quell’Amore che si dona in abbondanza. Il suo amore si dona, si dona sempre: sia quando il nostro cuore è superficiale; sia quando è nella prova, sia quando è nelle preoccupazioni, sia quando si apre alla profondità della sua vocazione per accogliere la stupefacente fecondità della Parola.
Sulla porta d’ingresso della sua abitazione, Carl Gustav Jung aveva questa scritta: «Vocatus atque non vocatus Deus aderit»(Chiamato o non chiamato, Dio sarà presente!». Dio si fa presente seminando.
Dio si fa presente invitandoci alla fecondità. Dio si fa presente tramite questa parabola che ci chiama a esaminarci, a “non seminarlo”, ma ad accogliere il buon seme di Cristo.