«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo» (Mc 1,15): sono queste le prime parole pronunciate da Gesù nel vangelo di Marco. La missione di Cristo comincia dopo l’arresto del Battista e ciò significa che la fine della sua missione segna l’inizio di quella di Gesù: nell’opera di Dio c’è sempre una scansione degli eventi, un ritmo ordinato; non esistono caos, sovrapposizione, confusione e la fine di qualcosa è sempre l’inizio di qualcos’altro di più grande ancora.
Dio trae luce dalla tenebra – crea dal nulla – e dai fallimenti umani può creare capolavori, se gli permettiamo di entrare nella nostra vita.
Questo ritmo ordinato si realizza in Gesù: «il tempo è compiuto» è da intendersi come pieno, gravido, intenso e maturo, perché finalmente la soglia del regno di Dio può essere varcata, perché questo regno finalmente è a un passo da dove ci troviamo; ed è qualcosa di grande a cui bisogna credere, perché in quella dimensione non regna l’uomo con le sue bugie e illusioni esistenziali, ma Dio con tutto l’amore di Padre.
Il tempo va usato e sfruttato bene e questo tempo ha un compimento oltre il quale le porte aperte si chiudono: è il tempo della conversione e dell’azione. La conversione prevede il cambio di rotta, di bersaglio a cui si punta; consiste nel cambiare la propria mentalità, il proprio centro logico, per superare le cose inconsistenti e credere al bene; credere che il nostro destino è radioso e la nostra storia è proiettata nell’eternità, immersi nella vita di un Dio che non si è manifestato come tremendo ma come Padre.
Convertirsi è intuire che esiste un’opera più grande di noi nascosta in ogni evento e che non c’è più ragione di far prevalere il vittimismo. È un’opera costante di fuga dalla propria rigidezza mentale, perché solo così si può diventare persone che amano: non si può amare senza cambiamento. Come si fa a crescere un bambino senza adattarsi al suo modo di essere? O ad amare una persona senza entrare nei suoi ritmi, nei suoi modi e nei suoi stati d’animo? La vita è anche lasciarsi cambiare dalle cose per essere condotti a una nuova sintesi. «Tu non cambi mai» viene inteso in modo negativo per chi non riesce a fare questo salto. La nuova sintesi non sarà mai completa e totale, ma sempre deficitaria e in questo deficit può scrivere Dio per aggiungere mattoni di pienezza, donandoci se stesso, un pezzettino alla volta, per l’eternità.
Sentito l’annuncio, i quattro discepoli subito lasciano tutto, nel bel mezzo della loro quotidianità – che è il luogo in cui Dio chiama – perché capiscono la bellezza di ciò che viene offerto. L’uomo è considerato il vertice della creazione di Dio, e “pescare uomini” indica anche il pescare ciò che vi è di più prezioso tra tutto ciò che si può pescare.
In questa “domenica della Parola di Dio” ampliamo i nostri orizzonti e lasciamoci condurre verso la pesca di ciò che è veramente importante.
Commento di don Luciano Condina
Fonte – Arcidiocesi di Vercelli