CONVERTITEVI E CREDETE NEL VANGELO
III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B – MARCO 1,14-20
- Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva:
La liturgia della terza domenica del tempo ordinario ci presenta il brano tratto dal Vangelo di Marco che riguarda l’inizio della vita pubblica di Gesù.
Il brano odierno inizia con un annuncio solenne a cui segue la chiamata dei primi discepoli.
Giovanni Battista viene arrestato a nord della Palestina, in un territorio che non si trovava nella giurisdizione del re Erode. Secondo alcuni esegeti probabilmente è stato tradito.
Nel frattempo Gesù si reca in Galilea per predicare il Vangelo di Dio, senza farsi sgomentare dall’arresto del Battista.
Anche noi cristiani dobbiamo essere forti di fronte alle persecuzioni dirette o indirette in quanto ne va della nostra credibilità e dell’annuncio di ciò che ha conquistato la nostra vita.
“Fu arrestato” (il termine greco significa anche “fu consegnato” o “tradito”). Il verbo usato qui da Marco e Matteo è il medesimo con cui i quattro evangelisti indicano il tradimento di Gesù da parte di Giuda. Sembra che anche in questo aspetto il Battista e Gesù abbiano in comune il fatto di aver subito un tradimento.
“Gesù proclamava”: il verbo indica l’azione dell’araldo che annuncia la verità da parte di Dio, che lo manda. È lo stesso verbo usato per il Battista. Non è un “predicare” nel significato di fare un bel discorso, ma è trasmettere il nocciolo della fede, il Kerygma, l’essenziale della fede.
Per comprendere il significato di “vangelo” come lieto annuncio, è necessario rifarsi alla storia: nel 490 a.C. a Maratona, in Attica, (antica Grecia) è a rischio la libertà di Atene e di tutta la Grecia. L’esercito di Milziade vince i persiani. Il giovane militare ateniese Fidippide (o Filippide) porta la notizia della straordinaria vittoria da Maratona ad Atene, correndo per quaranta chilometri senza sosta. Dopo aver proclamato la notizia, muore per la fatica affrontata. Per questo motivo la gara olimpica lunga quaranta chilometri (portati a 42,195 nel 1908) ha preso il nome di “maratona”.
Noi cristiani dovremmo essere araldi di un annuncio di vittoria, di una notizia eccezionale, di un evento gioioso, per diffondere il quale dovremmo essere pronti a dare la vita e testimoniare che Cristo è veramente importante per noi!
“Il vangelo di Dio”: si intende l’annuncio, la buona notizia, che Dio stesso risponde alle aspirazioni del cuore dell’uomo, appaga ogni desiderio dell’umanità. È Dio il lieto annuncio!
- «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Gesù presenta quattro contenuti: 1) il tempo è compiuto; 2) il regno è vicino; 3) necessità di conversione; 4) impegno a credere. Sono quattro impegni che sono attuali anche per noi oggi.
“Il tempo è compiuto”: il tempo è inteso come kairos, il momento giusto, opportuno, prima atteso, ora realizzato. Non è il tempo inteso come successione cronologica (krònos). Diverso ancora è il tempo futuro, chiamato “aion” (eternità) a cui tendiamo. Per gli antichi il tempo (krònos) era un concetto circolare: tutto si ripete e nulla di nuovo avviene che non sia già avvenuto, tutto nasce per morire. Questa idea porta al nulla, alla disperazione, perché tutto diventa inesorabile dissolvimento nel niente.
La concezione cristiana del tempo, invece, è lineare: il tempo va verso una direzione giusta, verso una meta di salvezza, secondo il disegno di Dio.
“Il regno di Dio”: l’espressione indica il dominio totale e perfetto di Dio sulle anime. I profeti avevano annunciato che ciò sarebbe avvenuto alla fine dei tempi. I farisei attendevano la venuta del Regno di Dio e affermavano che sarebbe giunta solo quando tutti avessero osservato perfettamente la Legge. Contrariamente a loro, Gesù annuncia che il regno è già giunto e che il tempo è compiuto, cioè è già qui, è già questo il momento della salvezza! Gesù annuncia che la presenza di Dio è già inserita nella storia e nell’uomo, soprattutto nell’uomo sofferente, povero, bisognoso e peccatore. È solo necessario farla emergere, ed è questa la missione di Gesù, che testimonia la vicinanza di Dio. Egli la rivela attraverso il calore del suo amore e della sua tenerezza, soprattutto per gli esclusi e i miseri.
“È vicino”: il verbo greco può essere tradotto sia con “è vicino” sia con “è giunto, è arrivato, è presente”. Marco intende dirci che l’attesa è finita, le profezie si sono avverate, la salvezza è giunta con Gesù. “Il regno di Dio” è giunto perché Gesù ha iniziato la sua missione, ma “è vicino”, non è ancora realizzato, in quanto non è stato accolto dalla maggioranza dell’umanità. Sta alla libertà di ognuno sottomettersi alla sovranità di Dio, scegliendolo al di sopra di tutto.
“Convertitevi”: significa cambiare mentalità, esaminarsi dentro per vedere qual è il proprio modo di pensare; dove è orientata la vita, a chi o a che cosa s’ispira. L’amore di Dio non dipende dallo sforzo umano, né dalla bravura dell’uomo, ma è un dono che viene dall’Alto, da accogliere con disponibilità e apertura. Per fare questo è necessario cambiare il modo pensare e di vivere, lasciare da parte il legalismo farisaico e permettere a Dio di invadere la vita con la tenerezza del suo amore. Abbiamo bisogno di leggere i fatti con gli occhi di Dio e scoprirlo presente negli eventi lieti o tristi della vita. Lui solo conduce ogni nostro passo verso la salvezza e la felicità eterna.
“Credete”: il pio fedele israelita si fidava di Dio e della Legge. Il cristiano, invece, si consegna ad una Persona, a Gesù. Per seguire a Gesù abbiamo bisogno di credere che Lui non ci inganna, che di Lui ci si può fidare, che solo Lui può dare senso al nostro esistere. Anche umanamente parlando, nelle nostre relazioni, sappiamo capire se possiamo dare credito a quanto una persona dice oppure se è meglio prendere le distanze da lei e dal suo pensiero. Per fidarci di Cristo abbiamo bisogno di stabilire una comunione viva, un legame talmente forte da permetterci di andare oltre ogni ragionamento scaturito dalla logica umana. Dobbiamo seguire la logica di Dio, che è quella del farsi dono, del perdere la vita, del perdonare a trecentosessanta gradi, del morire in modo nascosto, certi che il germoglio di vita che ne scaturirà diventerà fecondo per il mondo.
- Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti
Gesù si costruisce una comunità per avere dei discepoli ai quali comunicare la sua vita. Vuole formarli perché divengano fedeli continuatori della sua missione di salvezza.
Gesù passa: è un maestro itinerante, cammina nelle situazioni della gente, non sta ad attendere in un ufficio chiuso che qualcuno vada a bussare alla porta per parlargli.
Gesù vede: ha uno sguardo penetrante, ha una conoscenza del cuore, non si ferma alla superficialità. Vede la condizione concreta delle persone e scorge in esse la possibilità di dare di più, di giocare la vita per un ideale più grande del quotidiano e semplice vivere.
Sceglie semplici pescatori, gente che vive del suo lavoro faticoso, a volte fallimentare. Poteva scegliersi letterati, scienziati, sacerdoti, ricchi possidenti… No, sceglie i deboli per confondere i forti, sceglie chi conta solo su di Lui per renderlo testimone di un annuncio che non discrimina, che non inorgoglisce, che non arricchisce, che non è secondo la logica del mondo. Sceglie me, sceglie te, sceglie noi, perché solo la sua potenza risplenda.
“Galilea”: è la parte a nord della Palestina che ai tempi di Gesù era abitata prevalentemente da gente proveniente da popoli diversi, per cui non ebrei, cioè pagani. Per questo motivo era chiamata Gelil hag-ôîm, “distretto delle genti” o “dei gentili”.
“Mare di Galilea”: nome attribuito al grande lago a nord della Palestina. Nell’antichità era chiamato Yam Kinneret, o mare di Kinneret (Gs 13,27). Il nome poi ha subito cambiamenti con il tempo nella forma di Genesaret (Mc 11,67) o di Gennesar (secondo lo storico Giuseppe Flavio, nelle Antiquitates Judaicae). Nel suo vangelo, Giovanni lo chiama “mare di Tiberiade”, dal nome della città che si affaccia su di esso, fatta erigere da Erode Antipa. Dal punto di vista geologico è una depressione a 208 metri sotto il livello del Mediterraneo; lungo ventuno chilometri e largo circa undici chilometri, quasi completamente circondato da montagne.
“Gettavano le reti in mare”: secondo gli studiosi il verbo greco indica “gettare in giro”, cioè stendere un tipo di rete chiamata “a strascico”.
- Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini».
Gesù chiama: la sua voce tocca il cuore. Porge un invito a cui segue una libera scelta. Andare dietro significa lasciare a Gesù la conduzione della propria esistenza, consegnare a Lui le chiavi del cuore, lasciare che sia lui a dirigere il pensiero, l’azione, il cammino, che sia Lui “davanti”, cioè il protagonista della vita.
“Venite dietro a me”: questa espressione indica che, nella sequela, è necessario seguire Cristo per tutta la vita, mettendolo al di sopra di tutto, davanti a tutto, non come ideologia, non come insegnamento, ma come senso di tutto. Noi cristiani non seguiamo una dottrina, ma una Persona che ci prende il cuore, ci conquista, ci affascina, ci cambia.
“Pescatori di uomini”: Gesù utilizza questa metafora prendendo spunto dal lavoro concreto dei suoi primi discepoli. Secondo gli esegeti, il riferimento biblico è Geremia 16,14-15: “Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese d’Egitto; ma piuttosto si dirà: Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi. E io li ricondurrò nel loro paese che avevo concesso ai loro padri”. Potremmo tradurre: da questo momento non prenderai più pesci, che muoiono usciti dall’acqua, ma degli uomini, che vivranno. I discepoli saranno dei pescatori “pescati da Cristo per pescare altri, cioè per farli vivere veramente, lontani dalle insidie del male e dagli inganni delle logiche umane.
Dobbiamo essere i missionari del Vangelo che pescano gli uomini dal mare delle tenebre, del male, del peccato per farli vivere nella gioia della salvezza ricevuta per puro dono.
- E subito lasciarono le reti e lo
Secondo Marco la risposta dei discepoli è stata istantanea; al primo incontro con Gesù hanno subito dato la loro adesione e hanno lasciato ogni cosa per formare una comunità con Lui. L’intento di Marco è quello di insegnare che l’incontro con Cristo deve provocare una risposta subitanea, un radicale cambiamento di vita, un’entusiastica adesione, al punto di lasciare la propria identità professionale e tutto ciò che si possiede per seguirlo.
Secondo i Vangeli di Giovanni e di Luca (Giovanni 1,39; Luca 5,1-11), i discepoli conoscevano già Gesù e la loro risposta è stata successiva a vari incontri, ad una conoscenza approfondita: lo avevano visto guarire la gente, l’avevano udito predicare nella sinagoga… La risposta è stata consecutiva a ripetute chiamate, a molti inviti, ad entusiasmi e perplessità che si sono succeduti.
Al di là di ogni interpretazione, quando Cristo chiama, non basta dirgli che ci è piaciuto quanto ha detto e poi continuare la vita di sempre. Quando Cristo chiama, il nostro cuore non può fare altro che schierarsi pro o contro di lui, accettare o rifiutare il suo invito. E, una volta aderito, voltarsi indietro è impossibile, perché Egli pone il suo sigillo nel nostro cuore e il suo amore ci brucia dentro, chiedendoci fedeltà e amore.
“Lo seguirono”: dal verbo greco significa: “seguire o accompagnare” qualcuno per prestargli i propri servizi. Facevano così i servi nell’antichità quando seguivano i loro padroni (cfr. Eliseo che segue Elia nel primo libro dei Re 19,20).
- Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a
Altri due discepoli vengono chiamati da Cristo a seguirlo. Nel loro quotidiano lavoro Cristo passa, chiama, e la loro vita cambia totalmente. Ogni chiamata nasce così: un passaggio, un incontro, una voce che invita, una risposta decisa, radicale entusiasta.
I due discepoli lasciano il lavoro, la famiglia, i garzoni, affascinati da un amore irresistibile. Quando facciamo esperienza di Cristo, tutto il resto assume una connotazione diversa; ciò che sembrava indispensabile, diventa relativo; ciò che sembrava importante diventa secondario.
“Garzoni…”: il termine si riferisce ad operai presi a pagamento. Questo fatto indica che il padre di Giacomo e Giovanni era proprietario della barca ed aveva un certo benessere.
“Andarono dietro a lui”: ogni chiamato lascia delle cose e delle persone care, un lavoro, una professionalità. Chi lascia di più, come nel caso di Giacomo e Giovanni (lasciano padre, garzoni e barca), chi di meno, come Andrea e Pietro (lasciano solo le reti). Quello che conta è la grandezza del cuore con cui ci si dona a Gesù e lo si segue, distaccandosi dalla propria volontà e dai propri affetti.
Nella vita cristiana, che è tutta una sequela di Cristo, qualsiasi vocazione si abbracci, è necessario “credere prima di provare”, “decidersi prima di fare esperienza”. Chi scopre in Gesù la risposta al DI PIÙ che desidera, diventa spoglio di sé, libero per amare, felice di stare con Lui. Preghiamo che tanti scoprano questa felicità.
Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia