Mentre Gesù passa c’è Levi, c’è un banco delle tasse, c’è una professione che è più che altro uno stile di vita arrogante, arrivista, predatorio e violento.
Cominciamo la preghiera sedendoci al nostro “banco delle imposte” e lasciamoci incontrare e sentiamoci chiamare da Gesù proprio mentre stiamo estorcendo per noi stessi (questo era il peccato pubblico dei pubblicani) qualcosa agli altri. La potenza delle parole di oggi è semplicemente questa: Gesù mi chiama non quando mi metto la maschera della rispettabilità ma proprio nel momento in cui sono nell’abisso della mia lontananza dal bene e dall’umano, lontananza che può essere di tanti generi e manifestarsi in tante forme.
Levi si alza e lo segue… Perché? Perché sento che, pur sapendo di essere lontano (o forse, pur volendo essere lontano), qualcosa in Gesù mi attrae? La vita e le mie scelte fino ad ora mi hanno deluso? Non sono state all’altezza? O forse in Gesù intravedo una promessa di avvenire? Qualcosa di nuovo rispetto al piattume e al non senso dei miei giorni?
Il primo effetto dell’alzarsi di Levi e del suo seguire Gesù è che Gesù va da Levi, a casa sua (e non viceversa). Levi è toccato sul vivo, fino in fondo; Gesù fa sul serio, lo desidera e desidera entrare in relazione profonda con lui lì dove Levi si trova. Quella di Gesù non è una forma di marketing religioso (una strategia per fare adepti) e lo mostra mettendoci la faccia.
Il comportamento di Gesù, infatti, provoca dissenso poiché si discosta dalle norme consuete: non si deve condividere nulla con i peccatori. Ma a Gesù interessa Levi, né le norme né il peccato di Levi e dei suoi commensali, vuole proporgli un altro stile di vita e un altro tipo di relazione fondamentale che piano piano lo guarisca dalla malattia che lo aveva colpito.
Andrea Piccolo SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato