Medita
Sappiamo che i lebbrosi erano trattati, senza molta pietà, come una minaccia sanitaria alla vita del popolo ed erano obbligati alla segregazione. Regole molto dure, ma comuni ai popoli dell’epoca per evitare contagio ed epidemie. Gesù rompe queste regole con dei gesti inequivocabili: avvicinare, tendere la mano, toccare. Con questi gesti Gesù stesso diventava impuro, perché aveva avuto contatto fisico con un impuro.
Questo testo risuona in modo particolare in questi mesi di pandemia da Covid. Ci chiediamo cosa voglia dire “toccare” il malato in un contesto nel quale la trasmissione del virus avviene per contatto. Certo vuol dire, oggi, seguire scrupolosamente le indicazioni scientifiche. Bene ha fatto la Chiesa cattolica a ubbidire alle disposizioni dello Stato sulle celebrazioni liturgiche, basate sulla conoscenza scientifica del virus e su regole prudenziali. In passato un atteggiamento antiscientifico (ad esempio organizzare le processioni per allontanare il virus durante l’epidemia della spagnola) non ha aiutato.
E tuttavia Gesù ci dice che la vittima della malattia va in qualche modo “toccata”, non va tenuta a distanza, va abbracciata, inclusa, coinvolta. L’assenza dell’abbraccio deve essere una promessa per abbracciare più intensamente dopo, quando sarà possibile ritrovare il contatto fisico. Troviamo le mille forme dell’abbraccio, sempre.
Per riflettere
Una certa abitudine sociale ci porta a limitare le espressioni di contatto fisico. Una carezza ci appare sconveniente, un abbraccio prolungato una esagerazione. Eppure nei mesi del lockdown abbiamo scoperto quanto ci è mancato poter dare o ricevere una carezza, abbracciare ed essere abbracciati più a lungo. E dopo, abbiamo recuperato l’affetto mancato, o tutto è tornato come prima? Siamo diventati, a causa della malattia, migliori? Siamo diventati, grazie alla mano di Gesù che non smette mai di toccarci, più capaci di tenerezza?
Preghiera finale
Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
possiamo avere felicità piena e duratura.
AUTORE: Consiglio Diocesano di Azione Cattolica di Pisa, Beatrice Granaroli
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi