don Marco Pozza – Commento al Vangelo di domenica 10 Gennaio 2021

Tu (non) sei la brutta-copia di qualcuno

Il cugino scalmanato l’aveva detto in tutte le lingue: «Viene dopo di me colui ch’è più forte di me». Pochi ci credettero, forse pochi si immaginavano uno ancora più scalmanato come profeta. Invece apparve, e quando apparve fu una annunciazione tripla rispetto a quella fatta alla Madre a Nazareth. Apparve nella maniera più inconsueta, anche la più familiare, quella che più assomiglia ad una vita normale. Capitò che il Padre, come tutti i padri, diede uno spintone al Figlio. Non fu villaneria o disprezzo, tanto meno segno d’insopportazione. Fu che quel giorno il Padre vide ch’era giunta l’ora, quella per preparare la quale il mondo si preparava da millenni: “Da domani si parte, Figliolo mio. Dimenticati di Nazareth e vai per la tua strada, senza scordarti le tue radici”. Avrà avvertito quella paura di non essere all’altezza ch’è così umana nel momento del grande salto? Forse sì, o forse no: gli evangelisti tacciono su quell’attimo che fece da spartiacque in quella vita già contrassegnata dagli imprevisti. Il Padre, allontanandolo dalla natìa Nazareth, lo addita al mondo come un predestinato: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (cfr Mc 1,7-11)Come dire: “Ci metto la faccio io per mio Figlio. Così più nessuno dubiterà che sia Lui o meno”. Punto, a capo.

Inizia così la vita pubblica di Cristoddio: con il verbo essere cucito addosso come fosse il vestito più bello. A Gesù, nel giorno del suo battesimo, il Padre Gli aggiunge un altro nome: «Tu sei!» Nessun verbo, in qualsiasi grammatica, ha la forza d’urto del verbo “essere” quand’è accoppiato con il pronome “tu”, pronome di una vicinanza così vicina d’apparire quasi soffocante: “Tu sei! Sei tu!” Dritto o rovescio, non muta d’aspetto: «Tu sei!» dice ammirazione, proclamazione; “Sei tu” dice riconoscimento, conferma, più nessun dubbio. Nel Giordano, Cristo fa la sua professione di fede nel verbo essere: “Essere se stessi in un mondo che cerca continuamente di cambiarti sarà la più grande delle conquiste” sembra la traduzione laica di quel verbo declinato in forma così impetuosa, vicina.

Ma che bisogno c’era che Cristo si facesse battezzare? Nessuna! Dunque a cosa servì quel gesto così sacrò d’apparire persino imbarazzante agli occhi del cugino? Gli servì per battezzare Lui l’acqua del Giordano, per rendere santo quel lembo di terra, per santificare quell’umanità che, di primo acchito, sembrava essere solo un peso per Lui ch’era nato Dio. «La grande miseria degli uomini – scriveva san Francesco di Sales – è che sanno bene ciò ch’è loro dovuto e sentono così poco ciò che devono agli altri». Triplice benedizione, ancora oggi in corso: «Tu sei» in un mondo in cui “Tu hai!” gli ha rubato il posto, senza chiedere permesso. «(Tu sei) mio Figlio», in una stagione dove l’orfanezza è il prezzo da pagare di troppi figli orfani pur avendo i padri ancora vivi. «(Tu sei) il mio compiacimento», cioè il mio motivo d’orgoglio: in un’epoca in cui ai figli vien chiesto d’essere l’ombra dei loro padri, pena la maledizione d’essere stati la grande delusione della famiglia.

«Tu sei (Marco)» mi ha detto Dio il giorno in cui son stato battezzato nella chiesa del mio paese. Lì accanto mio padre, mia madre, padrino e madrina: non ad asciugare la saliva che scende dalla boccuccia ma a ricordarmi che arriverà il «giorno in cui il rischio di rimanere chiuso in un bocciolo diventerà più doloroso del rischio di sbocciare» (A. Nin). Il Cielo non è muto, il Dio di Gesù non è il Dio silenzioso e lontano: la prima parola che Dio pronuncia, nel Vangelo, è «Tu sei!». Avrebbe potuto dire “Io sono” e nessuno si sarebbe permesso di dirgli nulla. Invece ha voluto farsi da parte e lasciare che il Figlio si giocasse tutte le sue carte: «Tu sei!»

Vai, lanciati, adesso tocca a te: sii la versione migliore di te stesso, non la brutta copia di qualcun altro. Che belle che sono le persone con cui poter essere se stessi senza sentirsi mai sbagliati: ecco perchè se non riesci ad essere te stesso con una persona, quella non è la tua persona giusta. «Tu sei!», detto da Dio: e ti nasce la passione d’essere te stesso, ad ogni costo.

Commento a cura di don Marco Pozza
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