Ogni sera nella preghiera di compieta cantiamo o recitiamo il cantico di Simeone.
Dopo aver percorso la nostra giornata, attraversato il lavoro quotidiano, vissuto fatiche e contraddizioni, assaporato gioie e incontrato umanità, prima di addormentarci, con le sue parole, compiamo un gesto di fiducia e affidamento al Signore.
Simeone era un “uomo giusto … che attendeva la consolazione di Israele” (v. 25), il Messia. Uomo capace di quell’esercizio di pazienza che è l’attesa: apparente non agire e invece grande azione di umanità, nella quale plasmiamo noi stessi avendo lo sguardo del cuore teso verso chi attendiamo.
Simeone aveva ricevuto un dono dallo Spirito: la promessa che non sarebbe morto prima di aver veduto il Cristo del Signore. Egli vive di questa promessa che dà forza al suo agire, allo scorrere degli anni, alle fatiche della vecchiaia. Questa promessa si realizza quando Maria e Giuseppe portano al tempio il bambino Gesù per adempiere la legge.
Simeone percepisce compiuta la sua attesa, le sue speranze, il suo desiderio esauditi. Le sue parole sono una lode e al contempo un saluto: “Ora lascia che il tuo servo vada in pace” (v. 29).
Ognuno di noi vive un’attesa, nutrita di speranze e attraversata da fallimenti. Ognuno di noi desidera vedere con i propri occhi uno scorcio di salvezza, di umanità salvata: dalla malattia, dalla violenza e dalla fame.
Maria e Giuseppe si stupirono di queste parole, noi forse come loro restiamo stupiti. E ancor più del seguito delle parole di Simeone: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti … e come segno di contraddizione” (v. 34).
Forse a ognuno di noi l’attesa del ritorno del Signore pare lontana, dubbiosa, tanto più in questi giorni in cui facciamo memoria della sua prima venuta a Betlemme. Se in essa molti si stupirono e non lo riconobbero per la via inusuale scelta da Dio per incontrare l’umanità, un bambino avvolto in fasce in una mangiatoia (cf. Lc 2,12), solo un’attesa, come quella di Simeone fatta di umanità, ascolto e comprensione del cuore può prepararci a riconoscerlo nel momento del suo ritorno nelle vesti di una umanità scartata dove non avremmo mai immaginato di incontrare il Signore.
fratel Michele
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