“Ti aspetto sveglio!” è la dichiarazione d’amore più bella
Era vecchio e scafato al punto giusto Simeone. Dunque sapeva bene che le persone somigliano alle cose più elementari: chi ti fa stare bene lo senti subito. L’odore del caffè prima di berlo, il profumo del pane prima di morderlo: “Con te sto bene. E’ tutto qui!” ti viene da dire. “Con te – disse senza parlare Simeone al Bambinello – sto da-Dio”. Stava con Dio, cioè con l’Amore maiuscolo: il bello di stare con l’amore, poi, è che ti fa sentire te stesso senza mai essere fuori posto. Anna, la dolce metà di Simeone, divorava con gli occhi il suo uomo: lo conosceva come nessun’altra persona, ma vedendo come guardava Dio sentiva di essere (ri)guardata diversamente pure lei. Fu l’unica volta che «pensò che non aveva mai incontrato nessuno con cui si sentiva tanto bene tacendo» (D. Grossman).
Il vecchio Simeone visse sognando d’incontrare il grande amore: “Lascia perdere, non vedi che tarda, vecchiomio! Non accadrà mai che il tuo cuore sia riempito di così grande gioia. Non illuderti, ti fai del male!” Lui, da parte sua, non mentì mai al suo cuore bambino: “Volete che vi dica che sto bene con tutto? – sembra dire ai suoi interlocutori – Non sto bene con tutto, sto bene solo con Lui”. Non si sta bene con tutto, si sta bene solo con l’amore. Simeone m’assomiglia, mi è nonno e fratello: “Dovresti venire qui, restare accanto a me mentre t’aspetto e poi dirmi se potrei fare altrimenti!” Se solo si potrebbe immaginare di fare altrimenti.
Poi, rinchiuso nel tempio a pregare, non nascondeva a se stesso la fatica dei tempi che non tornavano. Era pur sempre da migliaia di pagine della Scrittura che lo aspettava, bastava una canzone e tutto tornava a fare capolino: “Vorrei tornare in me, lascia che resti da solo – avrà pregato quando tutto pareva cadere sotto i contraccolpi della paura di non vederlo – Ma anche se tu mi lasciassi, io starò bene solo in te”. Tanti, tra quelli che scambiavano l’amore con la compagnia, gli suggerivano di lasciare perdere, che quello non era l’amore giusto, che restarci significava ferirsi. Lui, invece, era certo dei battiti del cuore perchè – si ripeteva – la persona giusta tu la riconosci quando ti fa scordare chi eri e ti fa conoscere chi sei. Lui era Simeone-batticuore, quello che non si accontentava di un amore minuscolo. “Ti aspetterò sveglio”, gli ripeteva tra salmi cantati e cantici intonati. Tra un’attesa e un’altra attesa. E, in amore, “ti aspetto sveglio” è la dichiarazione d’amore più bella. Aspettarsi addormentati è preludio di una notte di compagnia. L’aspettò, dunque, nell’unico posto dove le parole servono a nulla: “E’ lì, in quel posto, che ci si ama per davvero” diceva alla sua Anna. Che lo seguiva rapita.
Lo attese una vita intera poi, quando se lo vide davanti, non seppe più fare nulla perchè il cuore tacesse: “Con te mi trovo bene. Se mi perderò, mi perderò meglio con te”. Lo disse d’impeto, da fare tremare la penna all’evangelista Luca: «Ora puoi lasciare, Signore, che il tuo servo vada in pace (…) perchè i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Gli dice, sotto-sotto, che adesso può anche morire perchè adesso sì che sta bene, da-Dio. Non solo con se stesso, ma anche con il mondo, con Anna, con la storia. Il vecchio ha il cuore che trabocca di stupore: è lo stupore di quando chiedi a qualcuno se sta bene con te. Lo chiedi come se fosse possibile il contrario, come se fosse possibile qualsiasi altra cosa. «Egli è qui (…) affinchè siano svelati i pensieri di molti cuori».
Nel tempio, faccia a faccia con il Bambino, la lezione s’accese, accendendo la storia tutta: si adora quando si guarda negli occhi qualcuno e ci si dimentica cosa si stava per dire. Lì, dentro quegli sguardi, l’amore farà impazzire alla follia. “Adesso posso pure morire, grazie per essere arrivato. Per non aver umiliato la mia attesa, Diommìo”. Nella penombra del tempio, in tanti guardavano indietro: “Dove hai messo il tricorno? Hai stirato bene la talare? Ricordati che la vera messa è solo in latino!” Dio, appena nato, passò loro davanti: non se ne accorsero. Simeone, invece, lo riconobbe: e giurò che più di così non si poteva desiderare. Che all’infuori di quell’amore tutti gli altri amori sarebbero stati poco più che una compagnia.
Per gente che s’accontentava, ma non per lui.
Commento a cura di don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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