Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2020 – don Giovanni Berti (don Gioba)

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Dio “in presenza”

Una insegnate di lingue alle scuole superiori mi ha detto in questi giorni che i suoi studenti facendole gli auguri le hanno mandato questo messaggio in inglese: “Merry offline Christmas”…

Magari chi è dentro il mondo della scuola può cogliere subito il messaggio, ma anche io ho dovuto farmelo spiegare e mi è subito piaciuto. Cosa centra quella parola “offline” dentro il “buon Natale”?

Sappiamo che questa pandemia che dura da quasi un anno ha completamente stravolto la vita del mondo incidendo soprattutto sulla modalità di stare e relazionarsi tra persone. La scuola è diventata tutta “online” nel primo periodo e lo è tuttora per le scuole superiori. Non ci si trova più “in presenza” a scuola, ma si seguono le lezioni “online” da casa. Bisogna ringraziare la tecnologia che ci permette questo e cerca di aggirare l’impossibilità di assembrarsi sia dentro che fuori le scuole. Ma non solo per le difficoltà tecniche di farlo ma anche per il fatto che non siamo abituati a questa modalità, fare scuola “online” alla fin fine è diventato un peso e una sofferenza. C’è bisogno di incontrarsi fisicamente, perché l’istruzione è ben più di una trasmissione di dati e di concetti, ma è anche una esperienza fisica di incontro e condivisione. C’è bisogno di tornare “offline”, cioè spegnere il pc e vedersi, toccarsi, parlarsi dal vivo.

Questo mi ha aiutato a capire meglio questo racconto della nascita di Gesù che troviamo nel Vangelo di Luca.

L’evangelista gioca molto sui contrasti per mettere meglio in luce il significato e la portata della nascita del Salvatore a Betlemme. Inizia con evocare addirittura il più grande del mondo di allora, l’imperatore Cesare Augusto, potere umano e divino in una sola persona, che però rimane lontana, filtrata da tanti sottoposti che controllano attraverso leggi e censimenti. Cesare Augusto rimane “a distanza” e mediato dalle sue immagini di marmo, sulle monete e nella persona dei suoi funzionari e soldati.

E Dio, che secondo logica dovrebbe essere ancora più distante e irraggiungibile di Cesare invece sceglie di essere “in presenza” a Betlemme nascendo nel mondo degli uomini e in mezzo a loro, a cominciare proprio dai più lontani. La distanza incolmabile tra Cesare e i poveri pastori di quella lontana provincia dell’impero, è eliminata da Dio stesso che si fa piccolo e raggiungibile nel piccolo essere umano che è Gesù.

“Oggi è nato per voi il Salvatore…” è il messaggio che ricevono i pastori. Quel “oggi” per noi cristiani non è mai “ieri” o “chissà quando”. Oggi è oggi, adesso anche per noi, per me. Dio è “in presenza” anche per me nell’umanità di un bambino, di ogni bambino, di ogni essere umano, in ogni gesto umano quando è buono.

Oggi è adesso, superando ogni restrizione non solo sanitaria ma soprattutto ogni restrizione creata dalle nostre durezze umane, dal rifiuto di vivere la pace e la fratellanza che fa scendere la notte sul mondo. In queste tante notti e oscurità dentro la nostra storia e dentro il cuore, Dio è “in presenza” e diventa Salvatore in Gesù.

Il nostro Natale, anche questo Natale in pandemia, diventa un “Buon Natale” perché ci dice che “oggi” Gesù è presente davvero dentro la nostra umanità. Dio non è più “online”, cioè mediato da qualcun altro e “a distanza”, ma è “offline” cioè “in presenza”.

In questi giorni ho sentito spesso dite che non c’è la “magia del Natale” a causa di tutte le restrizioni. Forse è vero e sicuramente non aiuta la serenità umana tipica di questo periodo. Ma per noi cristiani il Natale non è una magia che stupisce e dura un istante, ma è una realtà che è iniziata allora e rimane ancora attuale, oggi, perfettamente funzionante: Dio è con noi, dentro le nostre vite, dentro la nostra umanità buona, dentro questa storia che sembra buia come la notte ma racchiude splendente la presenza di Gesù Salvatore.

“C’era un bell’albero alto, illuminato, vestito di ogni genere di decorazione tonda, filante, con tante stelle e sotto tanti pacchi colorati…
Ma non eri in quell’albero… o forse eri solo un ricordo.

C’era una piazza con una lunga fila di piccoli chioschi con doni, candele, giochi, bevande calde, dolci e gente che rideva e brindava…

Ma non eri in quella piazza… o forse solo un’eco lontana

C’era in una casa una lunga tavolata imbandita di ogni genere di cibi, bevande e dolci, con piatti e bicchieri preziosi, e attorno musica e canti…

Ma non eri in quella tavolata… se non forse in disparte

Vidi anche una chiesa tutta solennemente preparata dove si svolgeva una bella liturgia fatta di canti, preghiere, e alla fine auguri e abbracci…

Ma non eri in quella chiesa… o forse troppo nascosto

… poi dentro una stanza d’ospedale illuminata da un freddo neon, piena di monitor, tubi e macchinari rumorosi, una mano con un guanto di lattice ha stretto per un attimo quella debole di un anziano che disteso su un letto faticava a respirare, senza poter dire nulla con la maschera che gli nascondeva il volto..

E tu eri lì, tutto luminoso e chiaro in quel gesto umano e divino…”


Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)