MARIA1
Le figure di quelli che per primi, secondo il Vangelo, accolsero la Parola vanno considerate con pensiero contemplante, immersi nel più totale silenzio. In esse si compiono dei tempi, e se ne dischiudono altri di più perfetta rivelazione divina. Se rompiamo questo silenzio con i concetti di una teologia cerebrale, o con problematiche storiche o esegetiche, rischiamo di non comprendere nulla di quanto questi segni viventi, immersi nel divenire della Rivelazione, sono destinati a comunicarci.
Due parole ci additano il significato di Maria, Madre di Cristo: quella detta in risposta all’annuncio dell’Angelo: «Sia fatto di me secondo la tua parola» (Lc 1, 38), e l’altra rivolta al Figlio alle nozze di Canaan: «Non hanno più vino» (Gv 2,3).
Eva accolse la parola del serpente, il principio separativo, dualizzatore; Maria, accogliendo con tutto il suo essere la Parola eterna, divina, abolisce la separazione tra cielo e terra, tra uomo e Dio, tra materia e spirito, e apre i tempi della pienezza della vita. Nel suo grembo il creato e il Creatore ritrovano il loro antico e perduto Amore.
La capacità di offerta, di totale abbandono all’immensa vita che compenetra ogni cosa, espressa nelle parole umane di Maria: «Sia fatto di me secondo la tua parola», rendono feconda la Vergine e ne rivelano il mistero. Ella è insieme creatura umana ed espressione personale simbolica della Matrice ricettiva dell’universo; del Nulla che contiene tutti i possibili e che, rispondendo alla Parola creatrice, si adorna delle infinite forme che appaiono nella festa della vita; dell’abisso sul quale alita lo Spirito divino; dell’utero ove la Parola divina diventa carne. La Vergine-Madre è il «Nulla» che, offrendosi senza opposizione alla potenza germinale divina, rende possibile l’apparizione delle cose dalla più infima alla più eccelsa: Gesù, Figlio di Dio e dell’Uomo.
La Chiesa orante ben a ragione riferisce le parole della Sapienza a Maria: «Prima che i monti si ergessero con la loro mole, prima che l’onda erompesse dalle sorgenti, ero con il Creatore, componendo con lui le armoniose forme dell’universo. Con lui ero da tutta l’eternità , posseduta da lui; partecipando alla formazione del creato. La mia gioia è di essere sulla terra, mia delizia dimorare tra i figli dell’uomo. Chi scopre me trova la vita, il mio pane vien mangiato e il mio vino bevuto da chi ha raggiunto la semplicità » (Pr 8, 22-31).
Il significato della figura della Vergine-Madre è nella sua qualità di «essere nulla», terra totalmente devoluta alle energie dello Spirito Santo. Il suo «io» non è separato, la sua azione non è affermazione di sé nella conquista, ma offerta e abbandono di sé al volere divino.
Enodio, in un suo inno cristiano, dice di Maria: «Gioisci, o Vergine, Madre di Dio, tu concepisti la Parola attraverso l’orecchio». L’orecchio era per gli antichi il simbolo della recettività , la sua capacità uditiva è proporzionata alla sua passività , quindi è simbolo della materia passiva che non si oppone alla Parola; come il suono è il principio attivo dell’udito, così la Parola eterna è il principio attivo che rende vivente la materia, e, nell’Incarnazione, trasforma la Vergine in Madre del Verbo. Mediante il simbolo vivente di Maria ci viene rivelato che prima del peccato originale esiste la santità e l’unità dell’origine, l’Immacolata Concezione.
La Parola prese in lei la carne umana, e con la Parola in lei si rese attiva l’essenza di ogni vita, e tutti gli esseri viventi, nell’attimo dell’Incarnazione, divennero suoi figli. In lei l’intera umanità e l’intero creato vennero ad assommarsi, perché in lei si adempì il mandato di Eva/la madre dei viventi. Così quel sentimento dell’unità di tutti gli esseri nel divino, un tempo intuito e vissuto da alcune menti illuminate, attraverso il «sì» di Maria è divenuto un diritto di nascita per tutti. Ogni nato di donna, morendo al proprio «io» individuale, ha il potere di vivere nell’immensità della coscienza divina dei figli di Dio.
L’altra parola di Maria che ne rivela l’intima essenza, è quella che rivolse al Figlio alle nozze di Canaan; «Non hanno più vino».
Fermiamoci sui punti base dell’episodio. Le nozze, la Madre e Gesù presenti, il vino mancante, l’acqua nelle anfore. Le parole di Maria: «Non hanno più vino», la risposta del Figlio: «Niente c’è tra me e te, o donna! Non è ancora arrivata la mia ora!». Infine la trasformazione dell’acqua nel vino migliore.
La Vergine-Madre nei momenti cruciali dell’ascesa della coscienza umana indica che il contenuto delle forme è svanito, che la festa della Vita, le Nozze, sta trasformandosi in tristezza per deficienza di elementi che diano gioia, fiducia, canto: «Non hanno più vino, nelle anfore c’è solo dell’acqua!».
La Vergine-Madre non può che segnalare la deficienza, non può introdurvi i germi di una vita più intensa. Addita l’attesa di una nuova ebbrezza da parte delle forme esauste; solo la Parola divina che s’incarna può compiere quest’opera. «Niente c’è tra me e te, o donna. Tu sei la matrice che attende la fecondazione, tu sei la misericordia che trepida e si dona quando la vita vien meno. Io sono la vita fecondante, tu attendi e accogli, dal nostro incontro nasce una più ardente vita».
Nella liturgia orientale la terra è spesso il simbolo della Madre di Dio. Maria, come la terra, è degna di generare la vita per il dono totale di se stessa alla Parola-germe. L’azione generatrice della terra, la maternità che permette l’ininterrotta catena delle nascite nel mondo vivente, in Maria diviene maternità divina. «In questo senso Maria è al vertice del mondo creato, il compimento di tutto il suo destino, la realizzazione di tutta la sua speranza. La terra non è soltanto chiamata a generare le creature, è chiamata a generare Dio portando in se stessa la possibilità dell’Incarnazione divina. Così può venir compresa la santità della terra e per questo può essere un oggetto d’amore e si può commettere peccato contro di essa e si può domandarle perdono» (L. A. Zander, Dostoievsky, Paris 1946 pp 6970).
1 Giovanni Vannucci, «Maria» 04a domenica di Avvento Anno B; in Verso la luce, 1a ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984; Pag. 21-24.