PERCHÈ IL DESERTO?1
«Una voce grida: “Preparate nel deserto la via del Signore”» (Is 40, 3).
Perché l’uomo trova il Mistero e la Parola che lo rivela nella differente dimensione del «deserto»? Perché il «deserto» costituisce il passaggio obbligato per chiunque voglia portare a maturazione le più profonde aspirazioni umane? Forse riusciamo a focalizzare meglio queste domande se sostituiamo all’immagine del «deserto» quella, meno geograficamente determinata, dell’incolmabile assenza che accompagna ogni momento dell’esistenza dell’uomo cosciente.
La vita nelle sue manifestazioni è animata da un fuoco immanente che, instancabile, distrugge le figure realizzate per crearne delle nuove. Il bocciolo è mosso alla fioritura dal fuoco vitale che lo rende proteso verso l’essenza del fiore, il fiore raggiunge la fruttificazione guidato dallo stimolante sogno del frutto, questo a sua volta è mosso alla formazione dei germi dalla nostalgia di riprendere il ciclo della pianta che l’ha generato.
L’essere creato è continuamente condotto a un limite di consumazione formale raggiunto il quale nasce una nuova figura che, a sua volta, viene spinta al logoramento per cedere a un’ulteriore conformazione. In tal modo la vita, attraverso il ritmo di creazione e distruzione, adempie ed esprime il suo mistero. Questa singolare pulsazione della vita, espressa nel linguaggio simbolico con le figure del deserto e dell’oasi, dell’aridità e della terra feconda, determina due fondamentali tendenze nell’essere creato: una che solidifica le forme, l’altra che le distrugge per ricrearle.
La mente umana, per la sua conformazione, è portata ad aderire alle forme, ad aver terrore della distruzione. Percepisce il momento della dissoluzione come il male, mentre è l’incolmabile assenza che la rende inquieta e protesa verso nuovi cicli vitali.
Il momento della distruzione, il «deserto», con l’orrore dell’ignoto, della perdita di ogni solidità, appresta e preannuncia una più piena e vigorosa vita.
Nel «deserto» vengono rivelati alla coscienza l’impermanenza di tutte le figure costruite dall’uomo, i limiti e l’aspetto effimero dell’io esistenziale e gli spazi nuovi verso i quali si dischiude l’io essenziale. L’incolmabile assenza si apre implacabilmente verso un «oltre», un più vasto cammino umano, né può accadere diversamente essendo la coscienza fatta per un’inimmaginabile pienezza e non per venir conclusa nella limitata brevità dell’esistenza.
Il momento del richiamo a passare verso una crescente novità, sentita più che formulata, intuita più che definita, segna la più densa solitudine, ma da essa spunta la visione di una realtà differente, di una vita più vera, di un amore meno deludente, purché il cuore sia saldo!
Vivere religiosamente implica la costante consapevolezza che tutto è tenuto in movimento dall’incolmabile assenza che permette all’uomo di comprendere che Dio è l’ultimo futuro di quanto ha esistenza, che la vita è animata da un’inquietudine di superare i limiti del presente per placarsi in una pienezza di libertà che trascende e compie tutte le speranze. Il «deserto» è pertanto, come sentimento di un’assenza incolmabile, una esperienza esclusiva della coscienza; in questa forma stimolante è stato vissuto da chiunque abbia seguito la Voce che gli comandava di andare «oltre».
La Voce che risuona nel deserto è la fiamma che brucia senza consumare, è il vivente, l’animatore e il distruttore delle forme. L’incontro con la Voce che risuona nel «deserto» esige un coraggio impietoso, poiché annulla i condizionamenti psicologici creati dalle varie culture, tradizioni e proiezioni del passato. La Voce crea continuamente attorno a chi ha orecchie per ascoltarla il «deserto», affinchè la sua inconsumabile fiamma alimenti l’espansione vitale della coscienza. Ed essa, attraverso le sue costanti manifestazioni nella storia, distrugge implacabile quelle forme che l’uomo, irrimediabilmente pigro, innalza come involucro di tranquillizzante sicurezza.
La Voce che risuona nel «deserto» esige dall’uomo una vita ardente, in perenne rinnovamento, una vita libera e liberante.
Non è la vigorosa vibrazione della Voce che nel nostro tempo sta demolendo le mura che impediscono alla coscienza una più autentica vitalità?
1 Giovanni Vannucci, «Perché il deserto?» 02a domenica di Avvento Anno B; in Verso la luce, 1a ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984; Pag. 15-17.