“E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”.
Così il Vangelo di oggi ci parla di Giovanni Battista, primo vivente confessionale del Vangelo. Colui che con “la voce”, che è la voce della coscienza, fa spazio a Cristo che viene.
Ma non si può far spazio se quel vuoto, che è il vuoto che ci portiamo dentro, non trova un nome. Il nome dei nostri peccati non serve a umiliarci ma a portali alla luce, perché solo alla luce del perdono possono trovare guarigione. Non possiamo arrivare a nessun Natale se prima non diamo un nome ai nostri vuoti, alle nostre “valli” come le chiama il profeta, o ai nostri “monti”, cioè a quelle punte d’orgoglio che non ci fanno andare oltre.
Perché che cos’è l’orgoglio se non rimanere incaponiti su qualcosa che faremmo invece bene a lasciare andare? Tutti abbiamo fissazioni che ci ostacolano nel cammino. Tutti abbiamo vuoti che ci fanno sentire vertigini paralizzanti. Giovanni Battista viene come un “pronto soccorso”, come precursore, come preparatore.
Ognuno ha il suo Giovanni Battista. Ognuno ha una voce che lo aiuta a fare chiarezza. Ognuno dovrebbe far pace con la propria autenticità o poi dire al Signore “vieni”.
«Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
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