Cosa è più importante, nella nostra vita moderna: fare un’ora in più di lavoro, perché dobbiamo o vogliamo finire un impegno avviato, o andare a casa mezz’ora prima per stare con i propri figli? È più importante correre a messa o passare una volta di più dalla madre o dal padre anziani per salutarli? Mi ha stupito, in un paese dove sono stato per ministero, notare come tante persone, per lo più donne, rinunciassero al lavoro per potere accudire i propri anziani. Mi ha stupito e stupito positivamente.
Che cosa è più importante: intavolare una bella discussione sui massimi sistemi oppure passare del tempo a bersi un the con una persona sola?
Che cosa vede il nostro occhio e cosa sente il nostro cuore? Vediamo il vuoto e sentiamo la paura di non essere occupati? Cosa significa per noi non avere nulla da fare? Non dovere andare in giro, non dovere fare un lavoro, non dovere incontrare nessuno? Sentiamo tutta la nostra ansia quando riempiamo l’etere di inutili chiacchiere che dicono solo il nostro vuoto e la paura di esso che c’è in noi?
È più importante vivere la paura del coronavirus o accoglierlo divenendo attenti ai piccoli che necessitano anche solo di una minima attenzione?
Non si può arrivare dappertutto, ma si può scegliere dove vogliamo arrivare. La nostra sapienza stolta ci porta ad occupare, fino a scoppiare, il nostro tempo. Non abbiamo tempo per nulla di umano ma solo tempo per correre in ogni dove. Non abbiamo tempo per nulla perché la disperazione che c’è in noi ci fa girare come trottole. Dipingiamo come lazzarone uno che non ha nulla da fare per non guardare la paura che invade ogni ganglio della nostra esistenza quando ci super occupiamo in cose che non danno vita ma che succhiano vita. La paura di stare con noi stessi e col prossimo, l’insicurezza di incontrare l’altro, la chiusura nei confronti della vita, ci porta a compiere delle pazzie che facciamo passare come cose importanti.
Il nostro modo di impostare la vita, che ha le sue necessità, non sempre si manifesta come modalità saggia.
Pensiamo che evidenziare le criticità del nostro vivere sia cosa saggia, mentre invece, il più delle volte, diventa solo un modo per creare divisioni e per non affrontare e risolvere i problemi, per riempire il tempo di cose vuote.
Ai piccoli il Padre ha manifestato la sua sapienza. La sapienza di Dio che diventa fonte di pace. Noi riusciamo molto bene, con le nostre sapienze e le nostre conoscenze più o meno scientifiche, anche in fatto di religione, a creare distinzioni che diventano fonte di divisioni. I piccoli, no! I piccoli si mettono in ascolto del dono di Dio e della sua sapienza e scorgono la bellezza del dono della pace.
La pace è frutto del dono di Dio, la pace è frutto dell’accoglienza del dono di Dio. Sono sempre più convinto che la pace è un dono di Dio fatto ai piccoli che accolgono e vivono la sapienza di Dio che è invito a vivere come agnelli e non come lupi.
Liberi dalle nostre ipocrite capacità di risolvere i problemi, complicandoli sempre più, accoglieremo il dono della sapienza divina.
Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete e beati gli orecchi che odono ciò che voi udite. Gesù a Tommaso incredulo della testimonianza degli Apostoli dice “beati coloro che pur non avendo visto crederanno”. Queste due beatitudini non sono in contraddizione ma sono in completamento. Innanzitutto perché il vedere è qualcosa di più grande e di più profondo del dare uno sguardo coi nostri occhi. È un vedere contemplando ed è un vedere ascoltante. Vedere Gesù Incarnato e sentire tutto quello che questa presenza del Dio con noi sparge a piene mani per il mondo. Al di là delle violenze degli umani; al di là delle sopraffazioni; al di là della violenza della natura; c’è qualcosa che si muove e che muove la vita. Se facessimo silenzio, se non avessimo più impegni, qualcosa potremmo ritornare a vedere e a sentire, qualcosa potremmo di nuovo ritornare a percepire con la nostra pancia; qualcosa che è vita, che è linfa vitale che dalle radici entra nell’albero e raggiunge anche il ramo più lontano.
Ma il motivo di tale beatitudine non è tanto nel guardare o nel sentire, anche! Il motivo di tale beatitudine è ciò che è guardato e sentito: Gesù via che è vita vera che agisce in noi e in mezzo a noi. Riuscire a contemplare la presenza di questa Vita è beatitudine, non perché non si vedono più le disgrazie, ma perché si può incominciare a vedere la Vita nella sua interezza e nella sua totalità presente in ogni piccolo movimento di quotidiano. È beatitudine perché capacità di percepire la vita eterna, quella di Dio, qui ed ora. Riuscire a scorgere al di là della siepe dei nostri falsi impegni e riempimenti di vuotezza, la carne di Dio, il pane dell’Altissimo, il sangue vitale donati ai piccoli come dono di amore eterno del Padre: questa è beatitudine che ci lascia bellamente a bocca aperta.
Così, semplicemente riceventi il dono di Dio, con Gesù esulteremo di gioia nello Spirito Santo rendendo lode al Padre perché ha nascosto queste grandi e umane cose ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoli. Così, semplicemente, non faremo altro che essere partecipi della vita Trinitaria che è gioia umile e vita semplice, vita semplicemente umana.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM