Se contemplo questo servo sento subito una forte resistenza. Non è piacevole essere serva di un padrone: nella mia vita ci sono tanti ambiti in cui ho un padrone a cui obbedire. Una persona, una situazione in cui mi sento sfruttata o sottomessa, la realtà difficile che stiamo vivendo e che non posso cambiare o un sistema che percepisco non rispettoso della mia libertà.
Per questi padroni io non conto proprio nulla: non conta la mia stanchezza, i miei bisogni, il mio stato d’animo, il mio desiderio. Io non conto e invece quanto vorrei essere riconosciuta! La mia vita perde di valore agli occhi di questi padroni eppure quanto vorrei avesse significato!
Provo allora a contemplare la scena in un altro modo.
Sono quel servo e scelgo di esserlo. Scelgo di accettare quel padrone, addirittura di abbracciare i suoi desideri, il suo benessere, di volere che stia bene e che sia rifocillato. Non attendo un grazie né un premio, non guardò fuori di me, non guardo alla reazione del padrone. Solo mi ascolto in profondità. Non c’è forse un certo gusto di libertà?
Termino con un dialogo con Gesù, pensando che anche lui ha vissuto sotto tanti padroni. Egli però è vissuto da uomo profondamente libero e, mentre moriva fisicamente, non ha mai scelto la morte generata dalla frustrazione.
Lorena Armiento s.a.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato