Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
A conclusione del suo vangelo prima del racconto della passione e morte, Matteo raccoglie nei capitoli 24 e 25 il discorso escatologico di Gesù sulle realtà finali. La parabola delle vergini sagge e stolte è la seconda di tre parabole tutte centrate sulla vigilanza: il servo fedele, le vergini stolte e sagge, i talenti. Al cuore di questi capitoli sta l’intento di confermare che il Signore ritornerà e l’invito a vivere il presente in modo responsabile e con operosità.
Il contesto della parabola è quello delle nozze, una grande immagine che rinvia a all’incontro presentato dai profeti tra Dio sposo e il popolo d’Israele (Os 2,18.21-22; Is 54,1-10). Il rito del matrimonio ebraico prevedeva che nel quadro di lunghi festeggiamenti la sposa con le amiche attendesse al tramonto l’arrivo dello sposo. Da qui si muoveva il corteo verso la casa di quest’ultimo dove si svolgeva il rito e il banchetto. In questa grande allegoria l’esperienza della comunità che attende il ritorno dello sposo (Gesù nella sua gloria) è orientata alla gioia della festa di una convivialità piena.
Sono indicati due gruppi di fanciulle, alcune stolte perché hanno preparato le lampade senza portare con sé l’olio e alcune sagge perché insieme alle lampade presero anche l’olio in piccoli vasi. Nel vangelo di Matteo questa contrapposizione era già stata presentata nella descrizione dell’uomo saggio che costruisce la casa sulla roccia diversamente dallo stolto, che costruisce sulla sabbia (Mt 7,24-27). Ciò che differenzia il saggio e lo stolto è l’impegno di vita. Matteo infatti pone il riferimento all’uomo saggio e allo stolto a commento delle parole: “Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”.
Al tramonto è necessario accendere le lampade per accogliere lo sposo. Ma il ritardo porta ad una situazione imprevista. Il sonno giunge e fa assopire le amiche della sposa: tutte si addormentano. E’ importante questa precisazione. Il sonno si contrappone alla veglia, e richiede un’attesa. E per tutte è difficile rimanere nella veglia. Ma quando giunge la voce ‘Ecco lo sposo’ tutte prepararono le lampade. Le stolte chiedono alle sagge un po’ dell’olio ma queste rispondono ‘no perché non ne venga a mancare a noi e a voi’. La parabola va letta in riferimento al cuore dell’annuncio che essa reca: non intende infatti essere un’indicazione di comportamenti (è infatti un po’ sorprendente l’atteggiamento duro di chi non dà del proprio olio a chi ne avrebbe bisogno) ma insiste sul fatto che la vita è un’attesa. In quest’attesa è essenziale avere con sé olio per le lampade, olio che fa riferimento ad una sapienza (Prov 31,18) che si attua in un concreto agire (Mt 5,14-16). Le fanciulle sono sagge perché il recare con sé l’olio indica che la loro attesa non è vana e fatta solo di parole ma si esprime in una prassi coerente pur se anche loro si lasciano prendere dal sonno.
La porta è aperta per chi vive con senso di pazienza e nella gioia l’attesa dell’incontro con Dio. La sapienza autentica non è questione di una conoscenza teorica ma si attua in un coinvolgimento di vita, in gesti concreti di attenzione e cura. E’ questo il messaggio presente in Sap 6, la prima lettura, in cui la sapienza è dono di Dio e nel contempo va cercata e richiede un vigilare. Nel tempo che ci è dato – è questo il messaggio della parabola – anche se l’attesa del ritorno del Signore si prolunga, la comunità dei discepoli è chiamata a vivere un agire responsabile fatto di concretezza e di fedeltà alla storia. Attuare la speranza è lasciare che fluisca l’olio dell’ospitalità, della fraternità, della benedizione, nelle piccole cose del quotidiano.
Alessandro Cortesi op