Pienamente immersi nel periodo dell’anno in cui centro di ogni urgenza è la frenetica raccolta delle olive (per lo meno è così nei luoghi in cui vive lo scrivente – cf. PUBBLICÀNO), ecco che questa domenica siamo dinanzi ad un passo evangelico in cui tutto ruota attorno all’olio (da notare come nella pericope in questione, l’aggettivo «sagge», riferito a cinque delle dieci vergini, in greco sia frónimoi, esattamente della stessa radice di «frenesia»).
Ed è proprio il possesso dell’olio a distinguere i due gruppi di vergini, ovvero a renderne cinque «stolte» (quelle prive di olio) e cinque «sagge» (quelle dotate di olio).
Ma cosa può sottendere l’espressione evangelica: «le sagge invece […] presero anche l’olio […]» (Mt 25, 4)?
Molte volte la fortuna (per lo scrivente è tale: magari per altri è una sfortuna) di vivere in campagna risulta di notevole ausilio per comprendere alcuni tratti essenziali del Vangelo, poiché questo fondale offre peculiari sfumature di comprensione, grazie alle quali si possono intendere con maggiore profondità alcuni particolari insegnamenti evangelici.
Gesù, difatti, nel suo insegnare, spesso fa riferimento all’ambiente agricolo, o a tipici scenari campagnoli, in cui (e in tal caso non si può non convenire con chi scrive) si penetra e si sperimenta pienamente quel meraviglioso e misterioso dono che ha nome: “vita”.
Infatti della campagna tanto i ritmi come i colori lasciano alla vita la capacità e la forza di imporsi in tutta la sua potenza e dolcezza.
Ebbene, ecco che per avvicinarci ad una profonda comprensione del Vangelo di questa domenica, giunge a nostro sostegno (guarda caso: oppure non è un caso…) proprio questo caratteristico momento dell’anno agricolo, periodo in cui, come sopra accennato, tutto si concentra verso l’olio.
Cosa può significare, dunque, questo evangelico: «presero anche l’olio»?
Orbene, osservando il brulichio dei contadini indaffarati con la raccolta delle olive e la confusione ansiosa che fermenta nei frantoi, possiamo trarre alcuni interessanti spunti di esegesi.
Invero, potremmo articolare la “vicenda” che coinvolge l’oliva, ovvero l’olio, essenzialmente in tre tappe:
1 – abbacchiatura, che consiste in un atto di separazione tra l’oliva e la sua pianta, che si realizza con percosse che generano una violenta caduta a terra del frutto;
2 – spremitura, che si articola in manovre di vaglio, quindi di maciullamento, triturazione, macinazione e centrifugazione del frutto;
3 – colata oleosa, ovvero lo straordinario momento in cui l’olio giallo, caldo, odoroso e inebriante, è pronto ad addolcire e nutrire la mensa.
Ecco, allora, come prima di “sorgere” (o “ri-sorgere”) a quel dolcissimo status di olio (da notare come il «Vegliate» di Mt 25, 13 [«Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora»] in greco sia gregoreĩte, ovvero il verbo egeíro, ovvero «risorgere»), l’oliva debba essere percossa, separata, fatta cadere a terra con violenza, vagliata, maciullata, triturata, macinata e centrifugata.
Ebbene, ecco dove sta la “saggezza” (ma oseremmo dire la “Salvezza”) delle cinque provvide vedove che «presero anche l’olio»: non aver disdegnato di accogliere e di accettare il carico, il fardello, sapendo che questo le avrebbe rese pronte al cospetto dell’ “Unto” (l’ebraico mashíah [«messia»], che in greco si traduce con christós, significa esattamente «unto»).
La condizione di “prendere l’olio”, infatti, equivale a confidare nella gioia, pur al cospetto della fatica e del peso; equivale a riconoscere come alla gioia piena si possa giungere solo quando piena è l’accettazione della fatica e del peso (attenzione: non è masochismo, il quale non è “accettare”, bensì “cercare” la sofferenza. Chi segue Gesù, invero, cerca la gioia, non la sofferenza: tuttavia, facendo quest’ultima parte della vita, essendo quest’ultima permessa nella vita, il seguace di Cristo è chiamato ad accettarla, ad accoglierla in letizia, offrendola al Signore. Il concetto di “letizia”, poi, non intende “felicità” avente la comune accezione di “frivolezza”, poiché con tale specificazione ridicola sarebbe la nostra fede così come risibile sarebbe il Signore [solo uno stolto, infatti, può essere frivolo nella sofferenza!]. Con “letizia” è da intendersi quell’atteggiamento di certa speranza, di “lieta speranza”, la quale sa che il Signore non mancherà mai di far mietere nel giubilo chi ha seminato nelle lacrime [cf. Sal 126, 5] – notiamo come nel verbo «sperare» si possa ascoltare il pulsare della parola greca speíro, che si traduce esattamente con «seminare»): così come solo accogliendo la Croce, Gesù Christós ci ha salvato con la sua Risurrezione.
Poiché non si può “prendere l’olio” (ovvero non si può godere pienamente dell’olio; ovvero non si può trarre dall’olio compiuto valore e senso) senza essersi fatti carico dell’oliva.
Non v’è olio senza oliva: così come non v’è il trionfo della Risurrezione senza il fardello della Croce (rileviamo come proprio il nome greco élaion [«olio» – cf. Mt 25, 3.4.8] contenga in sé propriamente il suo percorso: difatti élaion viene dal verbo leióo, il quale intende tanto «lisciare», ovvero la condizione di quiete e placidità [cf. il diretto aggettivo leĩos, nonché il detto: «Liscio come l’olio»] quant’anche «triturare»).
Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.