Commento al Vangelo di domenica 8 Novembre 2020 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di  domenica 8 Novembre 2020 – Anno A, a cura di Paolo Curtaz. Qui di seguito il testo ed il video.

RESTIAMO ACCESI

Detta ancora lui i ritmi e i tempi. 

Lo sapevamo, era previsto, predetto, immaginabile. 

Il signor Covid si è ringalluzzito, complice la stagione fredda, e siamo di nuovo a guardare le statistiche, a chiuderci in casa, un po’ smarriti, un po’ snervati, un po’ impauriti.

Ci è stato ripetuto mille volte: dobbiamo imparare a convivere con questo sgradito ospite. Per mesi, forse anni… E cambiare abitudini e ritmi. 

E questa seconda ondata è peggiore della prima, perché ci coglie stanchi, meno convinti, consapevoli del fatto che le scelte fin qui adottate sono rivelate insufficienti. Ma è qualcosa che, nuovamente, travolge ogni paese, che ridefinisce le agende delle nazioni e delle persone, che ci spinge ad essere guardinghi, sospettosi, prudenti.

È difficile, lo so. Lo so bene. Lo vivo con voi. Lo vivo con te.

Eppure ancora penso che tutto sia opportunità. 

Sgradevole, se volete, ma opportunità. 

E parlo di me, senza fare il saputello.

È un tempo che mi aiuta a capire se credo davvero. 

Se oso credere. 

Se oso attendere.

Se oso Dio.

Lo Sposo.

Come hanno saputo fare le ragazze della parabola di oggi.

Link al video

Attendiamo

La buona notizia che la Parola ci consegna è che non siamo condannati a vagare nel nulla.

Se accendiamo la lampada e sfidiamo l’ombra è perché viene lo Sposo. L’amato. L’amante.

Se, invece di maledire l’oscurità, di additare i colpevoli, veri o presunti, accendiamo un fiammifero, piccola fiammella che squarcia le tenebre.

Questo mondo, la mia vita, la realtà, la quotidianità che tanto mi affascina e mi affatica è in attesa di uno Sposo. Un Salvatore, un Amante, un Amato. Il Signore.

Allora anche la notte più fitta diventa la scena che sta per accogliere il veniente.

Anche la paura della morte, della pandemia, della solitudine, assumono un colore diverso.

Abbiamo appena celebrato la dolente memoria dei nostri fratelli defunti, illuminata, il giorno prima, dalla grande festa della santità che Dio riversa sui suoi figli. Non sono morti, i nostri defunti, ma altrove a continuare il loro percorso di conoscenza, di liberazione, di semplificazione, di guarigione definitiva. Anch’essi in attesa.

La vita è attesa. Non di una condanna, non di un verdetto nefasto.

Ma di una festa di nozze, come ci ha ricordato con insistenza e veemenza il Maestro nelle scorse settimane. Festa cui siamo invitati ma che possiamo ignorare. O cui possiamo partecipare (almeno a quella!).

Attendiamo il ritorno nella gloria del Signore Gesù. E chiediamo, ora, di prendere consapevolezza di chi siamo noi, di chi è lui, di cos’è la vita.

È buia, la notte, ma ci sono anime leggere che la sfidano andando incontro allo Sposo.

Ardimenti

Sfidano la notte, le ragazze. Sfidano il sonno che appesantisce le nostre anime, così indaffarate a farsi spazio nel caos cui abbiamo ridotto le nostre vite oberate e impaurite. Sfidano le convenzioni di chi dice che non c’è nessuno Sposo da attendere e che uno Sposo non può essere così idiota da presentarsi nel cuore della notte. E che uno Sposo non permetterebbe mai ciò che stiamo vivendo.

Ma può accadere di assopirsi, di stancarsi, di scoraggiarsi. 

Accade anche agli apostoli al Getsemani. Accade anche ai migliori. 

Troppa stanchezza, troppo dolore, troppa fatica, e si lasciano i remi, e prevale lo sconforto. L’anima si assopisce.

Allora, Dio lo conceda, arriva un grido.

Un gallo che canta. L’eccitazione dei soldati inviati ad arrestare Gesù. Uno sconosciuto che ha intravvisto nella notte la venuta dello Sposo. 

Un grido, una Parola, un segno che ci scuote, ci toglie al sonno. È lui, arriva, accoglilo.

Osano, le ragazze, prendono la lampada, escono. Ma ad alcune manca l’olio.

La durezza della risposta di cinque fra loro ci lascia perplessi. Ma hanno ragione: se dividessero il loro olio mancherebbe a tutte. Considerazione dura ma vera, sgradevole ma onesta.

Ci sono cose talmente intime che non sono condivisibili. E il sangue per gli esami deve essere il mio. Non posso farmi trainare dagli altri nella fede.

Cos’è, quell’olio?

La parabola non lo dice.

Ma brucia. Qualcosa che brucia e fa luce. Per tenere la lampada accesa nella notte dobbiamo ardere.

Desiderio. Curiosità. Inquietudine. Emozione. Amore. Passione. 

Solo le anime ardenti osano sfidare la notte.

E ciò che siamo è unico e non può essere facilmente condiviso. Come si potrebbe?

Possiamo seguire un guru, possiamo frequentare una parrocchia, un gruppo di amici credenti convincenti. Ma, alla fine, solo io posso sapere e decidere se alimentare la lampada.

Sono solo di fronte a Dio. Io e lui. Faccia a faccia. Cuore a cuore.

Durezze

Le ragazze sprovvedute riescono comunque a rimettersi in marcia, trovano dell’olio, riaccendono passione e desiderio. Ma è troppo tardi, la porta è chiusa. Colui che dice di stare alla porta ad attendere qualcuno che apra, inaspettatamente, non apre alle ragazze che insistono.

Non è per ripicca, non per vendetta, Dio non è duro o crudele.

È una legge della vita: ci sono occasioni che non si ripetono, momenti unici.

Nelle relazioni, negli affetti, nella fede.

Se aspetti il momento passa. Se cincischi o tentenni, si svuota.

Quel bacio che avrebbe rivelato l’amore che hai per quella persona, se non lo dai lo perdi per sempre. E, a volta, perdi anche la persona che ami.

Quando avrò più tempo mi occuperò delle cose di Dio.

Se solo riuscissi a organizzarmi meglio!

Coltiverei volentieri la mia anima, ma ora proprio non ho la testa.

Non basta recuperare l’olio del desiderio, riaccendere la lampada, avventurarsi nella tenebra.

La strada che devo percorrere è tanta e rischio di non esserci.

Io penso, oso pensare, che questa notte che stiamo condividendo, che questa tenebra che sembra non finire, sia il momento dell’incontro, la grande opportunità per molti fra noi.

Vegliamo.

Restiamo accesi.

Dio viene quando meno ce lo aspettiamo.


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