1ª lett. Sapienza 6,12-16 dal Salmo 62/63 2ª lett. 1Tessalonicesi 4,13-18 Vangelo Matteo 25,1-13
Siamo vicini al termine dell’anno liturgico, perciò le letture ci vogliono aiutare a riflettere e meditare sulla fine, la fine di tutte le cose, quella del nostro peregrinare sulla terra, quella dei nostri sogni e progetti. Questo nostro meditare ci farà piombare nella depressione, nella tristezza, nella disperazione? No certamente. La Parola di Dio ci aiuta a guardare al di là, al di là della fine, per vedere l’inizio di una novità che attendiamo con fiducia e con gioia. La gioia è lo scopo del Vangelo, e quindi anche della notizia che tutto finisce: le cose che finiscono sono quelle che ci hanno fatto soffrire e ci lasciano sempre in balia dell’incertezza e della paura. Dopo, quando le cose di questo mondo saranno passate, vivremo nella situazione definitiva, quella preparata per noi da Dio stesso, e quindi in una gioia più grande, di cui le gioie di oggi sono solo un’ombra.
Riflettere su questo è frutto e fonte di sapienza. La vera sapienza, dono di Dio per coloro che la cercano di buon mattino, convinti cioè della sua necessità, non è difficile da trovare. Chi la cerca davvero, dice la Scrittura, mette l’impegno della sua ricerca tra le prime cose da fare nella giornata, “si leva per essa di buon mattino”; “la troverà seduta alla sua porta”. Non facciamo fatica a ricordare che Gesù si alzava di buon mattino per ritirarsi in luoghi deserti: che cosa faceva? Cercava la sapienza? Certamente pregava, si metteva cioè in ascolto del Padre, per offrirsi a fare la sua volontà. Come faceva Gesù, così noi: il primo lavoro della giornata del cristiano, che si alza con forze rinnovate, è distanziarsi un po’ da tutto ciò che potrebbe condizionarlo e mettersi in ascolto e a disposizione di Dio.
La parabola del vangelo parla invece della notte. È nella notte che bisogna essere pronti. Prima di andare a dormire le dieci ragazze che accompagneranno lo sposo devono essere pronte, pronte per qualsiasi ora. Sono pronte quelle cinque che hanno il rifornimento dell’olio per le loro lampade. Esse hanno pensato prima, hanno avuto sempre presente il loro compito, non l’hanno dimenticato, non hanno occupato il loro tempo per problemi personali. Lo sposo era al primo posto nei loro pensieri. Le loro lampade non rischiano di spegnersi. Io ho pensato molte volte a cosa possa riferirsi Gesù quando parla dell’olio in piccoli vasi. Più volte vien detto che “la tua parola è luce ai miei passi”: forse l’olio che alimenta la fiamma che dà luce sono le piccole frasi della Parola di Dio che bastano a tener desto il nostro amore per lui? Lo sposo arriva proprio nella notte, quando la luce della lampada è necessaria. E non è possibile travasare l’olio da una lampada all’altra. La Parola che nutre il mio spirito e le mie scelte non può preparare il cuore di un’altra persona in un batter d’occhio, se questa è sempre rimasta presa dal suo egoismo, con una vita superficiale, abituata a scelte orientate al benessere materiale. Le cinque vergini definite da Gesù “stolte”, vivono a fianco delle altre, ritengono di far parte anch’esse del regno dei cieli. Ma sono come la zizzania che cresce nel campo insieme al buon grano. Non ci si può fidare di loro, se non tengono presente sempre lo sposo che deve venire, e si lasciano distrarre dalle vanità di questo mondo.
Lo sposo non apre a chi arriva in ritardo, dimostrando così di non essere vissuto per lui. Le parole di Gesù ci danno l’occasione di pensare al nostro futuro, alla vita che ci attende al di là di questa, oltre i confini del tempo e oltre la nostra morte corporale. Come vi dobbiamo pensare? Dobbiamo vivere orientati a quel momento, cercando di prepararci ad incontrare il Signore. Il Signore verrà di certo, e noi gli andremo incontro, ci assicura San Paolo. Occupiamo tempo ed energie per lui, perché egli è degno di essere amato da tutti. Egli stesso allora ci riconoscerà come suoi amici e ci farà partecipi della sua gloria e della sua gioia eterna.