Chi è il santo?
Un dizionario recita: ‘colui che si dedica a cose sacre; che vive secondo la Legge di Dio, che osserva i suoi comandamenti. Esente da peccato’. Anche se questa definizione circola ancora molto nel comune modo di pensare, non è da ritenersi evangelica e tantomeno cristiana.
Gesù – nei vangeli – non lo troviamo mai alle prese col sacro e non invita alcuno alla santità.
Ciò cui Gesù invita è piuttosto alla misericordia: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6, 36). In un altro passo afferma che se si vive da misericordiosi si diverrà ‘perfetti come il Padre’ (Mt 5, 48), cioè compiuti, realizzati.
Ciò che si evince dunque dal vangelo è che la santità è un cammino (un lungo cammino) verso la propria piena umanizzazione.
Diventare santi, stando al vangelo, significa divenire donne e uomini completi, fioriti. Anzi, in Luca Gesù afferma che il vivere attraverso il bene porta ad essere addirittura ‘figli di Dio’, della sua stessa sostanza. Divini!
“La divinizzazione è piena umanizzazione” dice il grande teologo Raimon Panikkar.
Ecco chi è dunque il santo: colui che procede sulla strada del prorio compimento, la propria pienezza, consapevole che a ciò si giunge non cancellando l’ombra che lo abita, bensì accogliendola e integrandola. Il santo non è l’uomo integro (in senso morale), ma integrale, unitario, perché ha fatto pace con gli angeli e demoni, le luci e le ombre che lo abitano.
Il santo è l’uomo riconciliato, anzitutto con sé stesso, e quindi in grado di esserlo con gli altri.
I santi sono lì a ricordarci che l’unico cammino che merita percorrere è quello dell’umanizzazione. Se lo compiamo non solo avremo vissuto con senso la nostra avventura umana, ma saremo stati anche portatori di Dio al prossimo, aiutando così Dio ad essere Dio.
AUTORE: don Paolo Squizzato
FONTE
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