L’ennesima negazione dell’evidenza da parte dei farisei. Era chiaro, infatti, che i prodigi operati da Gesù in giorno di sabato smentissero la pratica scrupolosa dell’osservanza religiosa, ma non c’era nulla da fare: meglio bestemmiare contro lo Spirito Santo piuttosto che mettere in discussione il proprio schema di riferimento; meglio scagliarsi contro Dio piuttosto che rivedere il proprio manuale di devozioni. Per due volte Gesù pone delle domande che tuttavia non trovano alcuna risposta.
Per i farisei, quella guarigione non andava fatta perché non rientrava nelle cose permesse in giorno di sabato. Vittime com’erano della loro autosufficienza, avevano finito per mettersi persino contro Dio convinti che la loro interpretazione della legge fosse l’unico modo per risultare graditi a Dio. Termine di confronto per ogni cosa non più la legge e l’anima della legge, ma la loro condotta. Così l’idropico che Gesù guarisce è figura di una religiosità mai sazia, è figura dei farisei così gonfi della propria giustizia da essere incapaci di misurarsi con la porta stretta del vangelo. C’è un riempirsi di sé che finisce per non lasciare spazio ad altro e ad altri.
L’idropico soffre della mancanza di acqua, ma più si disseta più aumenta la sua sete. Così i farisei i quali continuano ad abbeverarsi a qualcosa che non può placare la loro sete. E finché non ne prendi atto, non c’è religione che tenga. È questione di vita o di morte intervenire senza dilazionare ulteriormente. Proprio come è necessario sciogliere il bue e l’asino anche di sabato, così è per questo tipo di malattia, se non vuoi che il gonfiore aumenti. Ma non c’è nulla da fare. Lc aveva abilmente introdotto una chiave di lettura della scena sin dall’inizio, allorquando aveva riportato l’occasione di quella circostanza: “Un sabato Gesù entrò in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano ad osservarlo”. Sebbene il verbo greco significhi anche “stare accanto per custodire qualcuno”, in questo caso, invece, si tratta dello stare ad osservare di chi spia una persona per coglierla in fallo. Ha una duplice accezione, infatti. Tutto dipende dallo sguardo ma sappiamo che esso è il riflesso di ciò che il nostro cuore ospita. Come guardo? Con l’atteggiamento di chi spia con occhio malevolo o con quello di chi, pur osservando, ha a cuore il custodire l’altro perché possa correggersi? È lo sguardo a fare la differenza.
AUTORE: don Antonio Savone
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