p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 28 Ottobre 2020

Mosè è salito sul monte Sinai ad incontrare Jahweh.

“Il Signore disse a Mosè: Va’ dal popolo e santificalo, oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai, alla vista di tutto il popolo. Fisserai per il popolo un limite tutto attorno, dicendo: Guardatevi dal salire sul monte e dal toccarne le falde. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere lapidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo, non dovrà sopravvivere”(Es 19, 10ss.).

E Gesù scese dal monte sul quale si era ritirato a pregare. Scende dal monte e porta la Parola, scende dal monte e porta guarigione.

Se la Legge, la Legge del sabato, è motivo di morte quando scende dal monte Sinai ed è motivo di morte quando i discepoli raccolgono spighe per mangiare in giorno di sabato; se la Legge del sabato è motivo di condanna per il bene che Gesù ha fatto nella sinagoga guarendo l’uomo dalla mano inaridita; se la Legge del sabato non vive la creazione nuova della Buona Notizia del vangelo portata da Gesù, rimane motivo di morte e di peccato, non certo di salvezza.

La Legge nuova, la Legge della vita porta Gesù a salire sul monte a pregare. Non vi è sinagoga che tenga, non vi sono santuari che possano superare in presenza di Dio la preghiera sul monte di notte. Gli uomini condannano la Parola del Dio vivente, Gesù. Nella notte della condanna Gesù il Salvatore sale sul monte a pregare. Nella preghiera diviene di nuovo giorno, rinasce la speranza, viene ribadita la certezza della vocazione del Signore Gesù.

E Gesù scende dal monte. E la gente si avvicina al monte che non è più il monte della morte di chi osava avvicinarsi a Dio, come lo era il Sinai della legge, oggi è il monte della Buona Notizia che il Signore Gesù è venuto a portare.

Nella Sinagoga i Giudei volevano uccidere il Signore, volevano trovare il modo per metterlo a tacere, per chiudere quelle mani di grazia che si sono aperte definitivamente sulla croce. Il Signore dopo avere dato la vita di Dio all’uomo dalla mano inaridita, cioè a noi, sale sul monte a pregare, lascia la Sinagoga.

Il monte della grazia diventa il monte della vita. Il monte della Legge è motivo di morte per chi gli si avvicina. Il monte della grazia da cui Gesù scende diventa luogo di vita.

Infatti “Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti”.

Nella Sinagoga, come in troppi templi e chiese del mondo, vi è la condanna della Buona Notizia e della Parola di vita, condanna che porta morte, dal monte nasce la vita. Tutti si vogliono avvicinare e non ricevono morte. Molti lo vogliono toccare e vengono guariti. Cercano la forza che è più che energia perché è vita che guarisce.

Il Dio terribile è divenuto il Dio con noi. L’inavvicinabile si avvicina a noi. Di fronte ai nostri peccati e alle nostre trasgressioni non reagisce come il Dio del Sinai che mette a morte chi gli si avvicina, ma salva. Anzi è Lui stesso che scendendo dal monte lascia le novantanove pecore sui monti e va alla ricerca della smarrita, per potere di nuovo fare festa. È la festa della vita che emerge nel momento in cui Gesù l’Emanuele, si incarna oggi scendendo dal monte, uscendo dalle sinagoghe e dalle chiese, e mettendosi per strada per incontrare la gente che vaga nelle tenebre. E la gente che vagava nelle tenebre e nell’ombra di morte, la morte della Legge, viene illuminata e orientata a camminare sulla via della pace.

L’ascolto della Parola diventa vita perché dono del seme di vita del Padre che ci rende capaci di generare il Salvatore, oggi non domani. L’ascolto è accompagnato dal toccare, dall’entrare in contatto con la potenza di Colui che non teme di essere contaminato dal male e dalla malattia. Lui dona vita, la vita del Padre.

È l’invito che giunge a noi oggi di toccare e sperimentare la potenza di Gesù. Accogliere la parola della chiamata di Gesù ad essere suoi discepoli, per potere accogliere la potenza di Dio che è salvezza e che ci libera dal giogo della Legge, dal giogo del peccato, dal giogo della morte.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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