Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 27 Ottobre 2020

Gesù conclude il suo lungo insegnamento sul regno, o meglio sul “regnare” di Dio (Lc 12,1 – 13,21), con due immagini: l’immagine del seme, un granello di senape, che un uomo prende e pone nella terra; quando cresce diventa una pianta grande e rigogliosa che, oltre a dare il suo frutto, offre agli uccelli il riparo per farvi i loro nidi. Poi l’immagine del lievito che una donna prende e mescola a un po’ di farina per fare il pane che sazia la fame.

Sono due immagini che parlano della vita quotidiana, dell’attività essenziale che vede l’essere umano impegnato a sostenere e curare la vita.

E Gesù ci dice che in questo Dio è all’opera; insieme all’uomo e alla donna fa crescere e lievitare il suo regno.

È un processo che ha determinate caratteristiche: c’è una dimensione di nascondimento, di invisibilità, e c’è la dimensione della libertà responsabile dell’essere umano che coopera con lo Spirito del Signore.

La dimensione invisibile, discreta, della presenza di Dio ci fa problemi. Quante volte dubitiamo, chiedendoci se Dio ci sia! Non crediamo che le promesse di Dio si realizzino, perché non siamo capaci di discernere i segni.

Occorrono occhi per vedere nell’invisibile; occorrono orecchi per sentire nel silenzio; occorrono un cuore e una mente abitati dalla memoria di Dio e della sua Parola. Come il popolo dei piccoli attorno a Gesù “che esultava per tutte le meraviglie da lui compiute” (v. 17).

Quanto alla collaborazione dell’essere umano con il Signore, tutto l’insegnamento di Gesù sul regno di Dio consiste nell’invitarci a lavorare con lui. A lasciare andare un mondo vecchio per costruirne uno nuovo, dove regna la giustizia, la pace, la fratellanza. Gesù ci invita ad assumere in profondità il suo evangelo nella nostra maniera di vivere.

Questo richiede l’accettazione di un cambiamento, di una conversione. Che consiste in primo luogo in un ritorno all’essenziale. Quell’essenziale di cui parlano le immagini del seminare e del fare il pane.

Poi, gli evangeli e l’insegnamento dell’apostolo Paolo non esitano a chiamare questa conversione una nuova nascita. Lasciare che Dio regni significa lasciare dietro di sé ciò che vecchio, quello che non serve più, per nascere di nuovo.

Siamo invitati di assumere la nostra vita nella morte e resurrezione di Gesù.

Proprio con l’immagine del lievito Paolo spiega alla comunità di Corinto questa realtà della vita nuova in Cristo quando dice: Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. Infatti Gesù, la nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo – e viviamo – non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità (cf. 1Cor 5,7-8).

Ed è proprio con un avvertimento simile che Gesù iniziava il suo insegnamento sul regno quando diceva: “Guardatevi dal lievito dei farisei, l’ipocrisia!” (Lc 12,1). L’ipocrisia, la doppiezza, la falsità è quello che più ostacola e vela la venuta del Signore e del suo regno.

Perciò non è un caso che sia così difficile discernere i segni del regno, ma Dio è all’opera nell’impegno discreto e quotidiano dell’uomo e della donna che vivono la loro fedeltà alla terra con il cuore rivolto al cielo.

sorella Alice


Fonte

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