don Franco Scarmoncin – Commento al Vangelo di domenica 18 Ottobre 2020

       1° Lettura

 

– La pagina è una riflessione

su un momento storico particolare

che sta vivendo il popolo Ebreo

in esilio a Babilonia:

alcuni hanno perso la speranza del ritorno

altri si sono adattati…

nessuno vede un futuro.

 

Il profeta Isaia fa balenare una luce:

c’è un re all’orizzonte:

Ciro

che sta abbattendo tutti i regni esistenti;

lui sarà il nuovo “unto”, “messia”, “cristo”,

uno strumento in mano a Dio

per liberare il popolo di Israele.

 

Ciro non crede nel vero Dio,

anzi, il dio di Ciro è Marduk,

un dio falso e sanguinario;

Ciro neppure si rende conto

di stare realizzando

i piani del vero Dio, il Dio degli Ebrei.

 

Ciro, a sua insaputa,

sta portando avanti un’opera di salvezza

per i popoli sconfitti dai Babilonesi conquistatori;

a tutte le minoranze oppresse

Ciro permetterà il ritorno in patria;

tra questi anche al popolo ebreo.

 

In questo nuovo Re tutti i popoli liberati

vedranno un salvatore;

e realmente lui, senza sapere come,

diventa strumento nella mani

del vero Dio, di Jaweh.

 

– La parola del profeta

è un invito a guardare

gli eventi e la storia

con occhi nuovi e diversi:

gli uomini, i popoli, i re si agitano,

fanno guerre e armistizi

sono mossi da interessi e passioni,

hanno slanci di generosità

e ripiegamenti egoistici…

e non pensano certamente a Dio…

Ma è il Signore Dio che li conduce

e tutto comunque alla fine

entrerà nel suo disegno di salvezza.

 

 

       VANGELO

 

– Se andate a visitare il Museo Civico di Padova,

situato tra la chiesa degli Eremitani e

la Cappella degli Scrovegni,

comperate un biglietto che vi darà accesso a:

         Cappella degli Scrovegni,

         Museo Civico

         e al Museo Bottacin nel palazzo Zuckerman.

Questo palazzo Zuckerman

è fronte alla chiesa degli Eremitani,

al di là della strada (il Corso),

è un bel palazzo del ‘600

in cui il Comune ha aperto una mostra

di opere d’arte di un signore di Trieste,

Nicola Bottacin;

questo signore nel 1865 ha lasciato la sua raccolta

di monete antiche

al Comune di Padova.

Ciò che attira l’attenzione in questo museo

è la serie di monete

che vanno dall’epoca romana

fino ai nostri giorni.

Di monete romane in mostra

ce ne sono alcune centinaia,

ma si parla di una raccolta conservata

nei caveau della Banca d’Italia

di oltre 100 mila monete antiche.

         Interessante della mostra

è come leggere l’iscrizione

attorno alle monete antiche,

il loro valore in oro, argento o rame

e l’epoca di conio.

Là si può trovare e vedere anche  il “dinaro”

che i farisei presentarono a Gesù;

una moneta in rame,

del valore di 50 euro oggi.

 

Gesù viene provocato ad esprimersi:

le tasse si devono pagare o no all’imperatore ?

 

Domanda è insidiosa e provocatoria:

rivolta a Gesù in pubblico

davanti a farisei fondamentalisti

ed Erodiani partigiani dei romani…

poteva mettere in difficoltà Gesù:

un rifiuto poteva essere la sua fine

e se avesse detto “La tasse si devono pagare”,

sarebbe stata compromessa

la stima che Gesù godeva davanti alla gente

che considerava i Romani come degli invasori.

 

N.B.

Versare le tasse all’imperatore

era per ogni ebreo una forma di idolatria:

riconoscere Tiberio come un dio.

Una cosa che gli ebrei non ammettevano;

pagano sì le tasse  a Roma,

ma in maniera forzata,

perché venivano a riscuoterle casa per casa

gli esattori (pubblicani)

accompagnati dalle guardie.

 

Perché Gesù chiede di vedere una moneta?

Forse non ne ha mai vista una ?

Gesù aveva visto e usato le monete romane.

Allora perché chiede una moneta?

 

Probabilmente

perché vedessero bene con i loro occhi

come era fatta:

da una parte era impressa l’immagine

dell’imperatore regnante di quel tempo:

Tiberio Cesare (28 – 29 d.C.).

Tutti avevano usato quelle monete,

anche i farisei che aborrivano il potere romano.

 

Perché un Re, un imperatore, uno Stato

conia monete ?

E’ una forma di scambio;

facilita il commercio;

possiamo acquistare ciò che ci serve nella vita.

Noi usiamo il denaro, le monete…

ma non sono state prodotte da noi,

non è roba nostra, ma dello Stato;

ci viene dato in cambio di lavoro,

di materiale,

di un favore o di un servizio…

Questo denaro che riceviamo e diamo,

prima o poi ritorna sotto forma di tasse

a chi lo ha stampato.

Il denaro è tutto dello Stato

e quindi ritorna nelle casse statali;

lo Stato poi lo usa per i servizi:

strade, ospedali, scuole, difesa,

per gli amministratori statali,

per gli impiegati delle strutture pubbliche,

per le famiglie in difficoltà, ecc

In altre parole,

il denaro è dello Stato

e prima o poi ritorna allo Stato.

A volte lo Stato e i politici

sperperano questo denaro,

senza ritegno per opere inutili

o per arricchire se stessi,

lasciandoci senza servizi

o impoverendo parte del popolo.

 

Questo voleva far capire Gesù:

il denaro è dell’Imperatore

perché lui ha impresso la sua immagine

su quella moneta…

e prima o poi ritornerà all’imperatore,

sotto forma di tasse;

non c’è modo da evitarlo.

 

Semmai,

la questione si pone chiedendoci

se sia opportuno pagare le tasse,

quanto tasse

e quale sia la percentuale giusta…

 

Ma il discorso di Gesù

non finisce qui e prosegue.

 

La moneta ha due facciate:

su una è impressa l’effige dell’imperatore

o della Zecca nazionale,

sull’altra

anche se non è evidente,

c’è l’immagine di ogni uomo;

ogni moneta è anche segno e frutto

di lavoro,

di sudore,

di sacrifici,

è segno di speranza,

è possibilità di mantenere la propria famiglia,

è segno di benessere

e di vita.

Quindi è segno della vita

e della felicità dell’uomo stesso.

Ogni moneta ha sì riferimento all’imperatore

o allo Stato,

ma è anche riferimento all’uomo.

 

L’uomo poi non ha riferimento all’imperatore,

non dipende da lui e neppure dallo Stato;

l’uomo ha riferimento a Dio.

La moneta è dello Stato,

l’uomo è di Dio.

Ogni uomo è immagine di Dio;

su ogni uomo

Dio ha impresso la sua immagine

(come l’imperatore lo fa sulla moneta)

e pertanto deve prima o poi

ritornare a Dio.

 

Questo per significare che:

il denaro è un mezzo per l’uomo,

mentre l’uomo è fine.

Commento a cura di don Franco Scarmoncin – Diocesi di Padova


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