Che lo Spirito Santo ci insegnerà ciò che bisogna dire in quel momento – cioè quando i persecutori ci vogliono mettere in difficoltà in quanto cristiani – è vero senz’altro, ma non può essere un pretesto per altre occasioni.
Non è una scusa valida per essere impreparati, né per metterci nei guai volontariamente, e neppure per metterlo alla prova. È una tentazione per la quale passò anche lo stesso Gesù, invitato a gettarsi giù dal punto più alto del Tempio perché comunque gli angeli lo avrebbero custodito.
È vero, ma quella frase vale per “quel momento” della vera persecuzione, non di chi se la va a cercare per sfidare il Cielo, per fare la vittima, per atteggiarsi a perseguitato. Anche quella può essere una strategia. Ma la richiesta di oggi è più radicale: perdere ogni architettura strategica di difesa, perché sia semplicemente lo Spirito di Dio – e non un raffinato istinto di autoconservazione – a dare il senso ai nostri tempi difficili.
Lo si esprime anche così: riconoscere Gesù davanti agli uomini, affinché anche il Figlio dell’Uomo ci riconosca. In altre parole, riconoscere come (non) agiva Gesù di fronte alla tentazione e alle persecuzioni, perché anche gli altri riconoscano Gesù nel nostro (non) agire, in quel momento.
Commento a cura di:
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.