Dopo le tre parabole sull’accoglienza e il rifiuto di Gesù, il racconto di Matteo ci propone una serie di dispute in cui i farisei, i sadducei e gli erodiani sottopongono al Rabbì di Nazareth alcune delle questioni più scottanti del momento.
Sia chiaro: a nessuno interessa il Suo parere, vogliono solo trovare il pretesto per puntare il dito contro di Lui.
In qualunque modo Gesù avesse risposto alla domanda maliziosa dei farisei e degl’erodiani, si sarebbe tirato la zappa sui piedi.
Ma la risposta del Rabbì di Nazareth è completamente inattesa e disarmante. Gesù chiede una moneta.
«Rendete a Cesare quel che è di Cesare».
Cioè le realtà terrene hanno una loro autonomia, una loro logica interna, non c’è bisogno di coinvolgere Dio direttamente nelle decisioni che dobbiamo prendere.
Dio Creatore costruisce dal nulla il cosmo e lo rende autonomo, a noi di scoprirne il funzionamento e le leggi intrinseche. Di più: ciò che è creato è “buono” in sé, l’uomo è chiamato a custodire questa bontà, questa bellezza usando la sua intelligenza, nella visione biblica che sa che l’armonia è fragile e minata dal delirio di onnipotenza dell’uomo.
Sono, perciò, chiamato a scrutare le cose e la vita per capirne il significato, non ho la verità in tasca, devo attuare quella splendida virtù che è il dialogo per vivere con gli altri.
Non possiamo appellarci a Dio per far passare qualche nostra opinione.
Dio, ottimista, ci crede capaci di gestire al meglio la splendida vigna in cui ci ha messi a vivere.
Gesù, insomma ci tratta da adulti, Dio non mi allaccia le scarpe né mi soffia il naso, mi è data la capacità di affrontare le difficoltà, sono considerato capace di vivere.
I farisei restano con un pugno di mosche in mano: Gesù non risponde alla loro provocazione, sta a loro decidere cosa fare. Siamo splendidamente e terribilmente liberi!
“Rendete a Cesare quel che è di Cesare” vorrà dire dunque servire, prendersi cura di quello che siamo soliti denominare il bene comune: impegnarsi a fare il bene in questo mondo di Cesare.
Non vuol dire idolatrare il potente di turno, ma fare in modo che il mondo sia trasformato dal di dentro, attraverso l’inserimento di un principio nuovo, una nuova modalità d’esistenza, la nostra vita di cristiani, portatori e dispensatori della stessa vita di Dio.
Per cui restituire a Cesare ciò che è di Cesare è contribuire a restituire al mondo… un mondo trasformato dal di dentro!
L’essere cristiani non significa quindi essere proiettati verso un aldilà, “saltando” la terra.
È vero, i santi sono coloro che hanno sempre avuto una grande nostalgia del cielo, pensando spesso al Paradiso. Ma questa speranza nel paradiso è stata la forza per impegnarsi con maggior energia qui, al centro della storia, forza per non tradire la vita che ci è stata donata.
Cosa vorrà dire invece rendere a Dio ciò che è di Dio? Se nel caso di Cesare tutto è partito da un’effige su di una moneta, qual è la moneta che riguarda il mondo di Dio? E’ L’uomo!
La sua creatura è l’immagine di Dio!
Siamo stati infatti creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Rendere a Dio ciò che è di Dio vorrà dire far in modo di restituirgli le sue creature nella loro piena dignità
Ecco qual è il compito del cristiano: impegnarsi in questo mondo concreto al fine di trasformarlo dal di dentro, in modo da restituire a Dio le sue creature nella loro piena dignità. In una parola, ai cristiani non è dato disertare la terra in nome di un fantomatico “cielo”, ma è chiesto loro di trasformare la terra in un cielo.
E’ come se Gesù dicesse: “Occupati anzitutto della tua interiorità, del grande progetto che Dio ha su di te, il resto verrà di conseguenza”.
Il rapporto con la realtà, in particolare quella politica, si gioca tutto in questo difficile equilibrio: mantenere un’autonomia delle realtà mondane, lasciando che esse ritrovino la loro origine in Dio.
Alieno al vangelo è l’atteggiamento invece di chi rifiuta il mondo rifugiandosi nel suo Dio: Gesù si è schierato, ha denunciato l’ipocrisia del gioco politico, è stato spazzato via a causa della sua franchezza. Ma alieno al vangelo è anche l’atteggiamento di chi si compromette col mondo, di chi usa la politica e il potere (anche religioso) per ottenere dei privilegi, di chi vagheggia una teocrazia o pensa di imporre la fede agli altri.
Ci è chiesto, invece, l’atteggiamento ben più difficile di lavorare al dialogo per ricondurre a verità ogni cosa. Nella Bibbia non troveremo nozioni di economia o di genetica, ma ispirandoci al Vangelo potremo giudicare la realtà.
La Bibbia è il libro delle domande non è il libro delle risposte!
Certo, di questi tempi, in questo momento storico, il rischio non è certo quello del compromesso con le realtà mondane, quanto più, invece, il rischio del rifugio intimistico nella religiosità disincarnata.
Dove sono i cristiani nell’economia, nella politica, nella scienza?
Mettiamo la nostra preparazione e la nostra intelligenza a servizio dell’uomo e del Vangelo, lasciamo dialogare la verità di Dio con le cose di cui abbiamo competenza.
In questi tempi acerbi, appena i cristiani parlano si chiede loro di occuparsi delle cose dello spirito! Cittadini del mondo, toccati dalla gioia di avere conosciuto il Cristo, chiediamo di essere ascoltati e di ascoltare, di portare una luce diversa sulla realtà, una prospettiva che ci conduce più in alto, senza fanatismi o rigidità, condividendo la stessa umanità.
Insomma a Cesare spetta una cosa, la moneta.
A Dio spetta la persona, con tutto il suo cuore, con tutta la sua mente, con tutte le sue forze.
Io, come talento che porta l’effigie di Dio, devo restituire niente di meno di me stesso.
Devo restituire la mia vita, facendo brillare l’immagine coniata in me.
La bella notizia di questa Domenica? Il paradiso non sarà la terra che, trasfigurata dall’amore, salirà in cielo, ma il cielo che scenderà sulla terrà, e impregnerà di amore ogni cosa. Sarà la terra trasformata in paradiso, e questo avverrà attraverso il prendersi cura dei fratelli. Proprio qui in questa terra fatta di Cesari e di santi.
AUTORE: Paolo di Martino
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