Folle di pensieri, preoccupazioni, insoddisfazioni, urgenze, giudizi, condanne, principi, definizioni, ricordi, ipotesi, affanni si accalcano alle porte del nostro stare al mondo, di giorno in giorno; vivere la quotidianità del nostro essere in relazione, a noi stessi, alle varie situazioni e agli altri, è a tratti faticoso e doloroso nonostante tutta la buona volontà di cui siamo capaci.
Essere in relazione a Dio diviene così una pretesa di continue conferme, il capriccio infantile di piedi puntati per terra per avere attenzione. Il Maestro ci solleva da questa condizione, da questa posizione scomoda e ci invita scuotendoci a tornare con Lui all’essenzialità di ciò che siamo: figli dell’essere umano e figli di Dio.
Dentro il nostro animo, al centro del nostro cuore abita lo Spirito Santo che ci trasforma nei segni e nel respiro per i quali noi puntiamo i piedi per terra.
Bisogna allora con umiltà tornare dinanzi a Dio e dinanzi a noi stessi, ricordare di essere umani e accettare che la nostra stessa vita sia segno e parola di Dio, anzitutto per noi e quindi anche per il resto.
Lì dove, dentro o fuori, ci sia tenerezza e perdono, sollievo e ascolto possiamo riconoscere la firma del figlio dell’uomo, la sua presenza nel nostro cammino, la sua guida, la sua pace per noi.
Mounira Abdelhamid Serra
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato